La tematica è sempre spinosa con una profonda controversia tra diritto e crimine. I condannati per mafia e terrorismo agli occhi della Legge sono uguali a qualsiasi altro detenuto condannato per crimini differenti. Ciò che muta è la consapevolezza sociale di questi detenuti per via delle loro azioni. Dalla Corte costituzionale giunge la nuova sentenza che, pur consapevole delle azioni criminali, a volte efferate, conferma i sussidi per i mafiosi che scontano la pena fuori dal carcere.
La sentenza n. 137 lo stabilisce: anche ai mafiosi vanno assicurati i mezzi per vivere. Secondo la Consulta è illegittima la revoca dei trattamenti assistenziali dei condannati per mafia e terrorismo che scontino la pena fuori dal carcere.
Tra le motivazioni si può cogliere l’essenza del ruolo statale nei confronti dell’individuo: è irragionevole che lo Stato valuti un soggetto meritevole d’accedere a tale modalità di detenzione e lo privi dei mezzi per vivere, quando questi sono ottenibili solo dalle prestazioni assistenziali.
La Corte costituzionale, in quanto espressione dello Stato, non può evitare di sottolineare la consapevolezza degli atti criminali dei soggetti ma non per questo ignorare, al contempo, la consapevolezza del ruolo statale e la finalità detentiva: sebbene queste persone abbiano gravemente violato il patto di solidarietà sociale alla base della convivenza civile, vanno loro comunque assicurati i mezzi necessari per vivere.