Catania con il suo barocco e i suoi palazzi neri come la pietra lavica, è ricca di monumenti e opere d’arte. Sono infatti tanti gli architetti, gli scultori ed altre maestranze provenienti da tutta la Sicilia, che hanno messo mano alla costruzione della città etnea regalandole il suo attuale splendore, tra cui possiamo citare Giovanni Battista Vaccarini, Giuseppe Sciuti, Giancarlo De Carlo, ed altri ancora.
Tuttavia, non proprio tutto ciò che è stato realizzato negli ultimi anni, per dare maggiore rilievo artistico alla città, è stato apprezzato dai suoi abitanti, che al contrario ne hanno fatto motivo di polemica esprimendone tutto il loro disprezzo. Soprattutto sul web, i commenti di disappunto non stati di certo risparmiati, anzi.
Vediamo quindi, quali sono le opere d’arte famose che i catanesi detestano di più.
Le 3 opere d’arte più odiate dai catanesi
Iniziamo questo excursus, in cui andremo ad elencare quali sono quelle opere che hanno suscitato maggiore stizza scatenando, in alcuni casi, anche la tipica “liscia catanese” sui social (perché a volte è meglio riderci su).
La statua dello “Stallone Ferito”
Realizzata negli anni 70, dal celebre Francesco Messina, la statua dello Stallo Ferito diventò effettivamente proprietà del comune di Catania solo nel 1999. Non tutti sanno però che la sua gemella, che fu realizzata nello stesso anno, si trova tutt’oggi nel giardino delle direzione generale Rai: parliamo del “Cavallo morente”.
La statua rappresenta un momento tragico, ossia la morte di un cavallo ferito: nulla di strano fin qui, se non fosse per un dettaglio, ovvero che l’animale, nell’atto dello stramazzare a terra, mette in bella mostra i suoi attributi. Dettaglio non di poca rilevanza per tutti quei catanesi più pudici che hanno additato l’opera d’arte come oscena. È così, dall’anno in cui la statua è diventata proprietà del Comune, è iniziata la sua odissea, che l’ha vista più volte “vagare” in vari punti della città. In principio infatti, era stata collocata nello slargo davanti al Castello Ursino, da qui venne poi spostata in quella che i catanesi doc conoscono come Piazza Umberto (attuale piazza Ettore Majorana). Ma è proprio qui, che le vergogne della statua vengono prima ricoperte da uno “slip” ferrato e poi successivamente da un drappo rosso. Ad accusarne l’impudicizia, sono soprattutto i devoti del Madonna del Carmelo, che non ritengono dignitoso che la processione passi davanti a quell’oscenità. Solo nel 2014 la statua trova fissa dimora a piazza Galatea, dove è visibile ma allo stesso tempo al riparo da atti vandalici.
Monumento ai caduti
Collocato sulla piazza Tricolore, a pochi passi da San Giovanni Li Cuti, il Monumento ai Caduti fu realizzato dall’architetto catanese Giuseppe Marino: il messaggio che voleva trasmettere con la sua opera, non è stato ben compreso dai suoi concittadini, molti dei quali la considerano solo una grossa “colata di cemento”. Il monumento, negli anni, è stato preso continuamente di mira dai vandali che ne hanno imbrattato le mura.
Ma cosa ha voluto comunicare, Marino, con il suo Monumento ai Caduti?
Lo scopo dell’architetto era quello di rappresentare la tipica deflagrazione che si viene a creare a seguito lo scoppio di una bomba. L’opera d’arte è stata realizzata seguendo lo stile “Decostruttivo”, tipico delle espressioni artistiche dei del ‘900. Il risultato è un’assenza dei classici canoni estetici a favore di volumi deformati, geometrie instabili, e forme decomposte. Tuttavia, tutto ciò sembra interessare poco ad una parte dei catanesi che addirittura qualche tempo fa, ha dato vita anche ad una petizione per richiederne la demolizione.
La Fontana del Tondo Gioeni
È sicuramente l’opera più chiacchierata di questi ultimi anni, a partire dal costo di realizzazione che si aggira intorno ai 751mila euro. Posta in Viale Doria, alla fine della via Etnea, la fontana rientrava nel progetto di riqualificazione architettonica e infrastrutturale dello snodo del Tondo Gioeni, e doveva richiamare la Fontana dell’Amenano, conosciuta dagli autoctoni come la Fontana dell’acqua ‘o linzulu”, come ad indicare un collegamento tra l’inizio e la fine della via Etnea.
Realizzata in pietra lavica, marmo di Custonoci e la pietra bianca di Comiso, l’opera non è stata molto apprezzata dai catanesi diventandone, in diversi occasioni, motivo di scherno, tanto da essere battezzata come “acquasentiera” per via delle due vasche che ne richiamano effettivamente la forma. In un’altra circostanza è stata definita come una “Bella minchiata” con tanto di scritta e foto condivisa sul web. L’opera si circonda anche di un giardino verticale, il secondo in Italia dopo quello di Milano, annoverato in diverse riviste del settore, che non è comunque servito a placare i pareri negativi, sovrastanti su quelli positivi.