Sono 30 gli anni di carcere richiesti dal sostituto procuratore Andrea Bonomo per Agatino Scalisi, il secondo imputato nel procedimento “Ambulanza della morte”.
L’uomo infatti, è considerato, dagli inquirenti l’autista dell’ambulanza e quindi complice del barelliere Davide Garofalo. Entrambi sono accusati di aver iniettato aria nelle vene di malati, in condizioni di salute critiche o in fin di vita, dimessi dall’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla e affidati ai familiari, ignari dell’orrore che veniva compiuto all’interno di quell’ambulanza in quella poca manciata di minuti, nel breve tragitto tra l’ospedale e l’abitazione delle vittime.
Il fine? Quello di trarre un vantaggio economico tra 200 e 300 euro derivante dell’affidamento del servizio funebre.
Garofalo è già stato condannato all’ergastolo dalla corte d’Assise di Catania quale autore di tre omicidi. A Scalisi ne viene contestato soltanto uno: è accusato dell’omicidio di una donna. Per i due uomini il procedimento ha seguito strade diverse ma parallele. Garofalo è stato prima arrestato e si trova tuttora in carcere. Scalisi si trova in stato di libertà e il processo si svolge con la formula del rito abbreviato.
Nei procedimenti si sono costituiti parte civile alcuni dei familiari delle vittime, la ditta Arena delle pompe funebri, l’Asp di Catania, il Comune di Biancavilla, il Codacons e l’associazione antiracket “Libera Impresa”. Scalisi dovrà rispondere anche di un’altra pesante accusa e cioè estorsione, aggravata dal metodo mafioso verso i titolari dell’impresa funebre Arena di Biancavilla. In questo caso, il reato è contestato in concorso non solo a Scalisi e a Garofalo, ma anche nei confronti di un altro soggetto.