La Leggenda di Colapesce, un Mito dalle Diverse Varianti
“La genti lu chiamava Colapisci, pirchì stava ‘nto mari comu ‘npisci, dunni vinia non lu sapia nissunu, fors’ era figghiu di lu Diu Nittunu (La gente lo chiamava Colapesceperché stava in mare come un pesce da dove veniva non lo sapeva nessuno forse era figlio del Dio Nettuno).
Inizia così l’antica leggenda siciliana che narra la strana storia di un ragazzo grande nuotatore, deciso a salvare la Sicilia e a non farla affondare sostituendosi ad una delle tre colonne che la reggono e che si stava sfaldando.
La leggenda siciliana di Colapesce risale al XII secolo e vanta ben 18 varianti in tutta l’area mediterranea, dov’è stata tramandata nei secoli e riportata in antiche attestazioni inglesi, dove Colapesce è ancora il Nicolaus alla ricerca di tesori nei fondali marini; il marinaio Papa che, costretto dal re di Sicilia Ruggero II a inabissarsi nel mare del Faro, scoprì numerosi luoghi sottomarini; o semplicemente il Nicola a cui il re di Sicilia Federico II di Svevia ordinò di riportargli una coppa d’oro che scagliava sempre più in profondità.
Quest’ultima variante è quella ripresa poi dalla versione palermitana, nella quale Colapesce mantiene il nome di Nicola (Cola di Messina) e veste i panni del figlio di un pescatore, soprannominato appunto Colapesce per le sue abilità natatorie e subacquee e apprezzato da tutti per i racconti entusiasmanti che egli raccontava ogni volta che risaliva in superficie. È in questa versione siciliana che appare Federico II di Svevia, il quale, desideroso di mettere alla prova le straordinarie doti del ragazzo-pesce, diede l’ordine di gettare prima una coppa, poi la sua stessa corona e dopo ancora un anello, fino a quando Colapesce non riemerse più. Dopo essere risalito le prime due volte, il ragazzo-pesce restò sul fondale, rendendosi conto che una delle tre colonne poste una a capo Passero, una a capo Lilibeo e una a capo Peloro proprio sotto Messina e che reggono la Sicilia fosse crepata, decidendo così di sostituirsi esso stesso ad essa.
Tra le tante varianti della storia di Colapesce tramandate nel tempo che raffigurano questo insolito ragazzo, abile nuotatore responsabile di sorreggere l’intera isola di Sicilia, anche Catania vanta la sua versione, legata per lo più al monte Etna.
Se vuoi conoscere la variante catanese della leggenda di Colapesce, non perdertela qui di seguito!
La Versione Catanese della Leggenda di Colapesce Narra Che…
Incuriosito della conoscenza del mondo in superficie e di quello sottomarino, il re di Sicilia Federico II di Svevia convoca il famoso Colapesce per chiedergli di verificare cosa ci fosse nel fondo del mare siciliano e cosa si nascondesse sotto il vulcano Etna. Fu allora che, tuffatosi subito in mare, il ragazzo- pesce scoprì il fuoco che alimenta il cratere etneo e che sta sotto l’Isola. Non credendo nella sua storia, però, il re chiese a Colapesce di rituffarsi e di portare con sé un legno come prova tangibile della presenza dell’ipotetico fuoco di cui parlava. Il sovrano fu soddisfatto dalla risalita del legno bruciato, ma di Colapesce non si ebbe più notizia.
Nel tempo, l’origine catanese del mito di Colapesce ha tratto fondamento dalla figura di Pipiriddumi, un tuffatore catanese del Settecento che vantava d’essere discendente diretto di Colapesce e che molti ancora oggi lo riconoscono come il vero protagonista della leggenda, che seppur con sfumature differenti, è giunta fino ad ora ed è conosciuta in tutto il mondo.
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A Catania la leggenda di Colapesce è ancora viva e visibile in Piazza Università: continua a leggere e scopri dove si trova!
Il Lampione di Colapesce
è una testimonianza concreta delle origini catanesi del mito. Insieme agli altri tre candelabri bronzei, il lampione di Colapesce è posto in Piazza Università dal 1957, anno in cui vennero realizzati dal maestro Mimì Maria Lazzaro e dallo scultore Domenico Tudisco.
Su uno di questi quattro basamenti la figura di Colapesce si erge esile, che in un’espressione simile a qualle di un pesce, tiene in una mano una piccola anfora e nell’altra il peso della sua amata Sicilia, rappresentata qui dal lampione bronzeo.
La presenza di Cola in Piazza Università dimostra l’importanza che i catanesi attribuiscono a questa antica leggenda e il valore talmente alto da dedicarle una statua in una delle piazze più importanti della città. Osservando Colapesce lì fisso per sempre sul candelabro bronzeo vien quasi da pensare alla maledizione che sua madre gli lanciò quando, contraria di vederlo sempre in acqua, gli augurò di diventare un pesce relegandolo sul fondo del mare per il resto della sua vita o all’insaziabile curiosità del re di Sicilia, che lo costrinse alla morte.
Morto o no la leggenda non lo dice, ma una cosa è veramente certa: che Colapesca vive e sopravvive ancora nel nostro splendido mare!