L’opinione magari sarà impopolare pensando alla devozione cittadina per la Santa Patrona ma, apparentemente, sembrerebbe che gli imprenditori catanesi preferissero ancora lo stop della Festa di Sant’Agata, subito negli scorsi anni per il Covid.
A pochi giorni dall’avvio delle festività agatine, Fipe-Confcommercio Catania lamenta la poca attenzione nell’organizzazione della Festa di Sant’Agata che, tra devoti e turisti, vedrà circa 200.000 persone invadere le strade del centro lungo il percorso del fercolo.
Il motivo di quest’apparente odio della Fipe-Confcommercio verso le festività agatine? Secondo quanto detto dagli imprenditori, quel che appare come astio sarebbe riconducibile a un’organizzazione di “dubbia legalità” del Comitato della Festa. Quest’ultimo permetterebbe diverse problematiche segnalate dagli imprenditori: abusivismo commerciale, mancanza di un piano igienico-sanitario e concessioni di suolo pubblico rilasciate agli ambulanti davanti agli esercizi commerciali, spesso per la vendita della stessa tipologia di prodotto.
A prendere parola per tutti gli imprenditori della Fipe-Confcommercio a Catania è Giovanni Trimboli, presidente provinciale dei ristoratori aderenti alla federazione italiana dei pubblici esercizi: «Basta abusivi e concessioni ad ambulanti davanti ai nostri locali. Non è più tollerabile vedere, in ogni angolo delle strade, bracieri accesi e abusivi intenti a vendere alimenti e bevande senza alcuna autorizzazione. Vorremmo sapere come le autorità competenti contrasteranno questo fenomeno, dato che da tempo bar e ristoranti della nostra città, con regolare licenza, vengono sottoposti a controlli assidui e a volte anche con una quantità di personale esagerato».
Le aspre critiche sulla Festa di Sant’Agata non si rivolgono solamente al citato fenomeno della concorrenza sleale, che secondo Fipe-Confcommercio mette in crisi le attività commerciali, poiché già piegate da un aumento sconsiderato, superiore al 50 per cento, del costo delle materie prime e dell’energia.
Altro problema riscontrato dagli associati della Fipe-Confcommercio verterebbe sulla mancanza di un vero piano igienico-sanitario: «Non possiamo supportare le necessità di quanti chiederanno di usufruire dei nostri servizi igienici, spesso oggetto di danni strutturali per l’enorme affluenza di persone, soprattutto non clienti. Per questa ragione si chiede all’organizzazione se ha previsto la presenza di bagni chimici e quante sarebbero le oasi collocate in città».
Infine, Fipe-Confcommercio a Catania punta il dito contro una già martoriata (da sé stessa) Amministrazione comunale, per via del provvedimento dirigenziale del Comune di Catania che disciplina le aree pubbliche a uso commerciale, ritenendolo un “copia-incolla”, ormai superato, di precedenti provvedimenti, non tenendo conto dell’effettiva presenza, in centro, di bar e ristoranti: «A parte i venditori di torrone, che fanno parte della tradizione non è possibile che davanti o nei pressi di attività di somministrazione si dia la possibilità a un ambulante di vendere gli stessi prodotti. Per questi motivi, la federazione provinciale dei pubblici esercizi chiede che le aree vengano riviste e, per le prossime edizioni della festa, di partecipare alle riunioni organizzative, così da poter dare un parere tecnico ed evitare malumori tra i commercianti».