“Cumminasti u zimmu”, un’antica espressione catanese
Se a Catania qualcuno ti dice che “cummini u zimmu” vuol dire che ti stai beccando una ramanzina o una critica per un’azione poco curata che hai fatto.
Si, proprio così! Perché tutti i catanesi (o quasi) sanno che lo “zimmo” e la sua variante “zimmuru” sono sinonimo di disordine e di sporcizia.
Pertanto se un catanese ti fa notare di aver combinato “u zimmuru” vuol dire che hai sparso briciole o resti di liquido sul pavimento o su altre superfici, che hai messo a soqquadro la stanza che prima era perfettamente in ordine, o che hai buttato all’aria indumenti che erano posti dentro al cassetto e il tutto senza porre alcuna cura o attenzione al gesto.
È proprio questo disinteresse e la vista dell’esito che crea lo “zimmuru” e che fa scattare le critiche di chi dall’altra parte osserva e, nella maggior parte dei casi, è pure costretto a sistemare o a ripulire il danno subito.
Spesso però chi si accinge a lanciare il monito, fa esso stesso confusione utilizzando come sinonimi i termini “zimmu” e “zimmuru” senza sapere che, in realtà, hanno dei significati differenti, sebbene derivino dalla stessa base etimologica.
Ecco perché è meglio “mettere ordine” e fare chiarezza sull’origine e sul significato dei termini “zimmu” e “zimmuru”. Leggili di seguito!
“Zimmu” o “zimmuru”, origine e significato di questi termini catanesi
Dopo aver capito cosa vuol dire “cumminari u zimmuru”, è giusto fare chiarezza sull’origine del termine e sulla sua differenza semantica con la parola “zimmu”.
E questo è importante perché, sebbene “zimmu” e “zimmuru” convergano nel significato, perché entrambe evocano l’immagine di un caos, di uno sporcizia e disordine che prende il sopravvento, è vero che singolarmente indicano due cose diverse.
Mentre infatti il termine “zimmuru” richiama l’immagine di un montone e nella sua variante “zimmiru” fa quella di un becco di un animale, come un caprone; la parola “zimmu” richiama invece il concetto di porcile, un rustico ricovero destinato ai maiali.
Ma la storia più intrigante e curiosa riguarda lo “zimmo” stessa, che affonda le sue radici nell’antica Grecia, dimostrando come certi concetti abbiano attraversato i secoli e le culture, radicandosi profondamente nel tessuto linguistico di luoghi lontani tra loro.
In tempi antichi, infatti, il termine veniva utilizzato nella sua variante femminile “zimma”, per indicare una sorta di mutande che i contadini posizionavano sui montoni, impedendo loro di accoppiarsi. Uno stratagemma che da un lato permetteva di regolarizzare e gestire le varie fasi dell’allevamento, ma dall’altro comportava delle conseguenze poco igieniche (come si è indotti a pensare).
Nel tempo, la simiglianza di significato ha generato il modo di dire, che a Catania è ancora molto utilizzato.