Il padre di Turetta si racconta: dalle parole al figlio in carcere alla profonda vergogna e alla paura per la sua vita.

Il padre di Turetta si scusa per le frasi pronunciate al figlio in carcere: “Mi vergogno, temevo si suicidasse”

Un triste episodio ha scosso l’opinione pubblica nei giorni scorsi, quando le frasi pronunciate da Nicola Turetta al figlio, Filippo, in carcere sono emerse attraverso delle intercettazioni. Queste comunicazioni avevano fatto discutere per il loro contenuto ambiguo e allarmante, soprattutto nel contesto dell’omicidio di Giulia Cecchettin. Dopo l’ondata di indignazione generata, Turetta ha deciso di fare una significativa dichiarazione pubblica, scusandosi per le sue osservazioni.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Turetta ha confessato la sua vergogna per le parole pronunciate: “Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie.” La situazione di emergenza in cui si trovava, unita alla tensione e alla preoccupazione per il benessere di Filippo, ha influenzato le sue dichiarazioni. “Temevo che Filippo si suicidasse,” ha aggiunto, facendo riferimento a un clima di angoscia derivato da precedenti suicidi avvenuti nella struttura in cui il figlio è detenuto.

Le parole di Turetta non sono passate inosservate, suscitando una reazione fortemente negativa sui social e da parte della comunità. Anche Elena Cecchettin, sorella della vittima, ha espresso il suo dispiacere per il colloquio rivelato. Durante la conversazione intercettata, Turetta ha cercato di rassicurare Filippo, affermando che “hai avuto un momento di debolezza” e sottolineando che non era un “mafioso” o un “terrorista”. Un tentativo, quello del padre, di può sembrare, almeno a primo impatto, di minimizzare la gravità della situazione.

Turetta ha descritto le sue condizioni emotive dopo la diffusione delle sue parole: “Non ho dormito questa notte. Sto malissimo.” La pressione mediatica ha colpito non solo lui, ma anche la sua famiglia, costretta a fronteggiare sguardi e giudizi pesanti da parte dell’opinione pubblica. “Ero solo un padre disperato,” ha dichiarato, riguardo alle sue frasi inappropriate e inadeguate.

Riguardo alla questione del futuro accademico di Filippo, Turetta ha chiarito che l’invito a laurearsi non proveniva da un reale interesse per il futuro del figlio, ma piuttosto da un desiderio di tenere il figlio impegnato” per evitare pensieri autolesionistici. “È logico che non se ne farĂ  niente di quella laurea,” ha affermato, sottolineando la necessitĂ  per Filippo di affrontare le conseguenze delle sue azioni.

L’ammissione di Turetta segna un momento di vulnerabilitĂ  e ricerca di comprensione in una situazione complessa e dolorosa. Filippo, dal canto suo, sembra aver preso consapevolezza delle gravitĂ  del proprio gesto e ora “vuole scontare la sua pena,” abbracciando la responsabilitĂ  per le sue azioni. Questo episodio rimane al centro di un acceso dibattito sociale su temi di giustizia, diritti e il ruolo della famiglia, specialmente in vicende cosĂŹ tragiche e intricate.