Nel cuore della Senna, le avventure dei triatleti olimpici tra sfide e aneddoti sorprendenti.

Triathlon Olimpico: Le Testimonianze Shock dei Triatleti nella Senna

ROMA – La Senna, fiume iconico di Parigi, ha accolto nuovamente atleti provenienti da tutto il mondo per il triathlon olimpico. Ma le testimonianze raccolte tra i triatleti belgici fanno sorgere seri dubbi sulla salubrità delle sue acque.

“Ho bevuto un bel po’ d’acqua, quindi domani sapremo presto se sono malata oppure no.” È con questa affermazione che Jolien Vermeylen racconta la sua esperienza dopo essersi tuffata nelle acque torbide del fiume. Insieme alla collega Claire Michel, ha affrontato le acque della Senna alle prime luci dell’alba. Ma il loro entusiasmo è stato offuscato dalle condizioni dell’ambiente in cui si sono trovate a gareggiare. Vermeylen non sembra avere remore nel descrivere la situazione: “L’acqua della Senna è sporca da cento anni”, afferma, sottolineando come i tentativi di rassicurare gli atleti sulla sicurezza non siano altro che parole vuote.

Le atlete non nascondono le proprie riserve riguardo alla pulizia dell’acqua. Claire Michel aggiunge con ironia: “Pensavamo già che sarebbe andata meravigliosamente bene… ma l’acqua non è affatto bella, giusto?” L’ironia, però, cela una preoccupazione reale per la salute dei partecipanti. Nonostante gli sforzi per proteggersi, come l’assunzione di probiotici e di bevande probiotiche, la paura di ammalarsi rimane palpabile tra i triatleti.

Anche gli uomini in gara non sono immuni da queste problematiche. Marten Van Rie, un atleta maschio, condivide il suo timore: “Speriamo che fosse pulito, ma di certo non potevamo vedere le nostre mani mentre nuotavamo.” Questo non è solo un problema soggettivo, ma rappresenta un chiaro campanello d’allarme per la sicurezza degli atleti e gli organizzatori della competizione.

La situazione solleva interrogativi non banali sulla preparazione e sulla gestione dei giochi olimpici, specialmente in un ambiente che dovrebbe garantire la salute e sicurezza di atleti di alto livello. “Adesso non resta che sperare che non si ammalino troppi atleti”, conclude Vermeylen, lasciando intendere che la questione dell’inquinamento idrico merita un’attenzione decisiva.

Le testimonianze degli atleti rappresentano non solo un grido d’allerta per l’organizzazione dell’evento, ma anche una necessità per una riflessione più ampia sulla salvaguardia delle risorse naturali. Con il mondo degli sport olimpici che guarda a Parigi, ci si aspetta che le sfide ambientali vengano affrontate con serietà e urgenza. La salute degli atleti non può e non deve essere un rischio calcolato.