Terribili sviluppi sull’inchiesta che coinvolge padre Melis: la violenza sessuale su un minore con consapevolezza di avere l’HIV e il mistero del suo silenzio di fronte al gip.

Violenza sessuale su minore e rischio di contagio da HIV: il silenzio di padre Melis affonda l’opinione pubblica

Roma – La vicenda di padre Andrea Melis, sacerdote cattolico di 60 anni, travolge non solo la sua comunità, ma l’intera opinione pubblica. Il prelato, attualmente agli arresti domiciliari, è accusato di violenza sessuale aggravata su un minore di 12 anni. Melis, parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova a Finale Ligure, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia, mantenendo un silenzio inquietante in un contesto già drammatico.

Il silenzio del prete non attenua la gravitĂ  delle accuse. I dettagli emersi dall’inchiesta sono agghiaccianti. Secondo la giudice per le indagini preliminari, Milena Catalano, la pericolositĂ  di Melis è accentuata dal fatto che è portatore di HIV, avendo intrattenuto rapporti non protetti con la sua giovane vittima, esponendola quindi a rischi gravissimi. “Condannando la sua giovane vittima alla stessa malattia di cui è portatore”, afferma la giudice, Melis ha provocato allarmate reazioni tanto tra le autoritĂ  quanto tra i cittadini.

Dalla denuncia della madre del ragazzo, sono emerse notizie di abusi protratti per tre anni, dal 2021 al 2024. La vittima ha confermato di essere stata costretta a compiere atti sessuali in cambio di regali e denaro. “Faceva quel che faceva… a me non piaceva ma non gliel’ho mai detto perchĂ© mi dava dei soldi”, ha riferito la giovane vittima, sottolineando la pressione esercitata dal prete.

Dopo accertamenti medici, è stato confermato che attualmente il ragazzino non è sieropositivo, grazie anche al fatto che le terapie seguite da Melis rendono il virus non trasmissibile. Tuttavia, questo non attenua le accuse e i timori degli inquirenti, che temono potrebbero esserci altre vittime. Sono infatti stati già sentiti altri cinque minorenni, tra i 15 e i 16 anni, nell’ambito delle indagini.

Le dichiarazioni della difesa di padre Melis, che sostiene che “il virus non è rilevabile e quindi non è trasmissibile”, sono in netto contrasto con la posizione della giudice, secondo la quale il comportamento del prete dimostra un’elevata pericolosità sociale. I legali del sacerdote hanno insistito sulla sua situazione clinica, affermando di non dover comunicare il suo stato poiché non rappresenta un rischio per gli altri.

Questa terribile vicenda ha scosso la comunità e sollevato interrogativi etici e di responsabilità, rendendo evidente la necessità di un maggiore intervento da parte delle autorità competenti per tutelare i più vulnerabili. La gravità della situazione richiede non solo giustizia per le vittime, ma anche un’attenta riflessione su come prevenire simili abusi in futuro.