Dopo 52 anni di detenzione, l’ex bandito Vallanzasca si prepara a iniziare una nuova vita in una casa di cura.

Dopo 52 anni di detenzione, Renato Vallanzasca, noto ex boss della malavita milanese, lascia il carcere di Bollate per essere trasferito in una casa di cura in provincia di Padova. Questa storica decisione è stata presa dal Tribunale di sorveglianza di Milano, che ha accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, supportata da un parere favorevole della procura generale.

Vallanzasca, 74 anni, è stato uno dei più temuti e noti criminali della storia italiana, condannato con un totale di quattro ergastoli per reati gravi come omicidi, rapimenti, rapine ed evasioni. La sua carriera criminale, che ha avuto inizio negli anni ’70 e ’80 con la famigerata banda della Comasina, ha segnato un’epoca di terrore e violenza nella Milano di quegli anni.

Le gravi condizioni di salute di Vallanzasca hanno spinto i giudici a considerare “incompatibili” le sue attuali necessità con la vita detentiva. L’ex bandito soffre di demenza, una malattia degenerativa che ha evidenziato segnali di decadimento cognitivo, specialmente nell’ultimo anno. La decisione di trasferirlo in una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) è stata influenzata dalla necessità di garantire a Vallanzasca le adeguate cure di cui ha bisogno.

La richiesta di differimento della pena è arrivata in un momento critico della vita del detenuto, e il tribunale ha ritenuto opportuno agire in conformità con le sue reali condizioni fisiche e mentali. La struttura in cui Vallanzasca sarà trasferito è specializzata nella cura di persone affette da Alzheimer, riflettendo così un approccio umano e attento nei confronti di un uomo che, nonostante il suo passato criminale, merita di essere assistito in un contesto adeguato.

Il percorso di Vallanzasca, che ora si appresta a vivere questa nuova fase della sua vita, si colloca in un ampio dibattito sulle politiche carcerarie italiane e sul trattamento degli ex detenuti con problemi di salute. Questo caso, emblematico e complesso, solleva interrogativi su giustizia e riabilitazione, contribuendo a rinnovare la riflessione su come il sistema penale tratti chi ha compiuto crimini, ma che invecchia e si ammala e, a sua volta, ha diritto a un dignitoso trattamento.