Tragedia a Treviso: interrogativi sul caso di Susanna Recchia
La comunità di Treviso è scossa da una tragedia avvenuta nel corso di un’inquietante vicenda che ha coinvolto Susanna Recchia, trovata senza vita insieme alla sua bimba di tre anni su un isolotto del fiume Piave. Le acque del fiume hanno ricoperto il dramma di una madre in difficoltà, ma ciò che emerge dalle analisi e dai racconti è un insieme di elementi che rendono la situazione ancor più complessa.
"Chi afferma che la mamma fosse depressa?" Questa è la domanda provocatoria lanciata dalla psicoanalista Simona Argentieri, che ha voluto esporre la sua visione durante una conferenza stampa a Modena. La tragica situazioni ha dato subito origine a speculazioni e diagnosi affrettate riguardo lo stato mentale di Susanna, che recentemente aveva affrontato una separazione e aveva una figlia con problemi di salute. Argentieri, però, avverte: “Non è lecito esprimere pareri su casi clinici senza conoscenza diretta delle persone coinvolte.”
Il caso è intriso di elementi inquietanti: la lettera di addio trovata dall’ex compagno, altri due figli più grandi e una condizione di vita apparentemente difficile. Tuttavia, la psicoanalista sottolinea che "la parola depressione può essere usata in modo improprio, mescolandola a stati di delirio o psicosi." Secondo lei, questo tentativo di spiegazione potrebbe non solo essere fuorviante, ma anche indecoroso, dato il dolore che la famiglia e la comunità stanno vivendo.
Argentieri richiama l’attenzione su come spesso venga fatta una psicologizzazione eccessiva dei comportamenti umani, cercando di rispondere a bisogni sociali attraverso la terapia. “È pericoloso rispondere a bisogni sociali con le terapie,” avverte. Ricorda episodi passati, come il terremoto de L’Aquila, dove alle madri in difficoltà venivano somministrate troppe psicoterapie, quando ciò di cui avevano veramente bisogno era un supporto pratico per gestire la propria vita quotidiana.
La psicoanalista espande la sua analisi su come le malattie mentali siano influenzate dalla cultura, affermando che “la cultura produce il modello in cui ci ammaliamo.” Un appello a riflettere su come la società contemporanea tenda a scoprire continuamente nuove patologie, fornendo un numero crescente di terapie e specialisti, mentre quello che serve è una comprensione più profonda e una maggiore umanità nella cura dei problemi psicologici.
In un momento in cui il dolore e la confusione regnano nel dibattito pubblico riguardo la morte di Susanna Recchia e sua figlia, le parole di Argentieri offrono uno spunto di riflessione necessaria su come affrontiamo le tragedie individuali e collettive. La salute mentale non può essere ridotta a semplici etichette, soprattutto in casi così estremi e delicati.