Libano, il mistero degli esplosivi nei cercapersone: una pista europea solleva interrogativi
Il Libano è scosso da un tragico evento che ha già causato oltre dieci vittime, tra cui una bambina, e 4.000 feriti, di cui 500 hanno perso la vista. L’attacco, avvenuto attraverso una serie di esplosioni di cercapersone, ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva del paese. Le indagini, mentre si muovono per dare un senso a questa catastrofe, stanno emergendo con dettagli inquietanti: si parla di collegamenti con aziende europee e di un processo di assemblaggio avvenuto in Ungheria.
Che cosa sappiamo dei cercapersone coinvolti? Questi dispositivi, noti anche come pager o beeper, sono stati utilizzati sin dagli anni ’50, prevalentemente in ambito medico e negli ultimi decenni per comunicazioni di basso profilo. Oggi, la loro popolarità è calata drasticamente a causa dell’avvento degli smartphone. Tuttavia, Hezbollah ha scelto di tornare a utilizzare questa tecnologia obsoleta, ritenendola più difficile da tracciare. Infatti, i cercapersone non inviano segnali costanti e non possiedono funzionalità GPS, rendendo difficile per le agenzie di intelligence, in particolare israeliane, localizzare i loro membri.
La decisione di Hezbollah di utilizzare i cercapersone sembra essere stata dettata dalla necessità di proteggere i suoi membri. Infatti, solo pochi mesi fa, il gruppo aveva fornito circa 5.000 di questi dispositivi ai suoi militanti, dopo aver consigliato di abbandonare gli smartphone a causa dei rischi di geolocalizzazione.
L’elemento più spettrale di questa situazione riguarda però come questi cercapersone si siano trasformati in ordigni esplosivi. Secondo fonti di intelligence, i dispositivi potrebbero contenere cariche esplosive inserite al loro interno prima della vendita. Un ipotetico innesco a distanza, attivabile tramite un messaggio, farebbe supporre che le modifiche siano state effettuate prima che i cercapersone arrivassero in Libano.
A questo punto, l’inchiesta si concentra sull’azienda taiwanese Gold Apollo, produttrice del modello AR924. Tuttavia, la società ha rapidamente smentito qualsiasi responsabilità per quanto accaduto, affermando che l’assemblaggio e la possibile manomissione dei dispositivi potrebbero essere avvenuti in Europa, precisamente a Budapest. Qui entra in gioco la Bac Consulting, che ha prontamente negato di avere a che fare con l’assemblaggio, definendosi semplicemente un intermediario.
Il rimpallo di responsabilità tra le aziende coinvolte solleva interrogativi su quanto possa essere stato manipolato il processo di vendita e distribuzione di questi dispositivi. In un momento di alta tensione geopolitica, Israele tace mentre si diffondono notizie di un nuovo attacco informatico legato a esplosioni di walkie talkie nelle roccaforti di Hezbollah a Beirut, alimentando ulteriormente un clima di incertezza e paura.
La situazione rimane fluida e in continua evoluzione, con il bilancio delle vittime che potrebbe ulteriormente aggravarsi. Gli sviluppi futuri potrebbero rivelare non solo la complessità della vicenda, ma anche le responsabilità di chi si trova dietro a queste morti tragiche.