Bologna: Quando 1500 Euro al Mese Non Bastano Più per Vivere – Un’Inchiesta sulle Disuguaglianze Sociali

A Bologna 1500 euro al mese non bastano più per viverci: un’inchiesta mette a nudo le disuguaglianze sociali

Bologna, 30 settembre 2024 – Un recente studio condotto da Ires Emilia-Romagna per conto della Cgil ha tracciato un quadro allarmante della realtà socio-economica bolognese, evidenziando che 1500 euro al mese non sono più sufficienti per garantire una vita dignitosa. L’indagine, realizzata tra febbraio e luglio 2024 e basata su oltre 8.000 questionari, ha messo in luce l’ampliamento delle disuguaglianze e il divario sociale che sta caratterizzando la vita nella capitale emiliana.

L’istruzione e l’accesso ai servizi, sempre più condizionati da condizioni economiche, sono protagonisti di un cambiamento preoccupante. La scuola, che un tempo era vista come un mezzo per l’emancipazione sociale, ora sembra destinata a favorire solo le famiglie più benestanti. I figli di operai, come evidenziato dall’inchiesta, si trovano spesso a dover affrontare un futuro già segnato da una condizione socio-economica di partenza svantaggiata.

Il costo della vita a Bologna rischia di escludere dalle opportunità sociali e lavorative le fasce più vulnerabili della popolazione. “Il benessere autoalimenta se stesso acuendo la diseguaglianza”, afferma il report, sottolineando come la proprietà immobiliare diventi un elemento discriminante nell’accesso ai diritti fondamentali. Molti cittadini che non possiedono una casa e guadagnano meno di 1500 euro al mese si trovano relegati agli strati più bassi della società, con scarse possibilità di riscatto.

Il lavoro povero, in particolare nei settori dei servizi e della ristorazione, è un ulteriore fattore di precarietà. Le lavoratrici e i lavoratori impiegati in queste aree, spesso giovani e femminili, affrontano condizioni di lavoro sfavorevoli e salari insufficienti a garantire stabilità economica. L’inchiesta mette in evidenza come il lavoro non sia più un fattore di emancipazione, trasformando il sogno di una vita migliore in una lotta quotidiana per la sopravvivenza.

L’accesso ai servizi sanitari rivela una disparità ancora più accentuata: le persone appartenenti allo strato socio-economico basso si affidano maggiormente alla sanità pubblica, caratterizzata da lunghe liste d’attesa. D’altro canto, coloro che possono permettersi di rivolgersi al privato lo fanno non per preferenza, ma per la necessità di tempi di attesa più brevi. Questa realtà porta a una maggiore rinuncia alle prestazioni sanitarie tra le fasce più vulnerabili, con il 56,4% di esse che non riescono a permettersi le cure necessarie.

La situazione economica bolognese, secondo l’indagine, è sintomo di una tendenza più ampia. “A questo punto, si tratta di scegliere se puntare sulla riduzione di queste distanze sociali o di lasciarle crescere e consolidarsi”, è la sfida lanciata dagli autori dello studio. La capacità delle istituzioni di intervenire e promuovere misure a favore delle categorie più deboli sarà cruciale per affrontare un futuro che, senza azioni concrete, rischia di riproporre e amplificare le ingiustizie sociali già esistenti.