Sostituzioni e Malcontento: Turbolenze al Ministero della Cultura
Roma, 14 ottobre 2024 – “Se ha tradito una volta, può farlo ancora”. È questa l’affermazione che segna la caduta di Francesco Gilioli, il Capo di Gabinetto del Ministero della Cultura, rimosso dal ministro Alessandro Giuli. Una decisione che sta già sollevando polemiche all’interno della maggioranza e mette in discussione la nomina del suo successore.
La motivazione ufficiale della revoca rimanda a un presunto ‘tradimento’ nei confronti del precedente ministro, Gennaro Sangiuliano. Secondo quanto riportato da La Repubblica, il ministro Giuli sarebbe in possesso di prove che attesterebbero un comportamento disonesto da parte di Gilioli. Si tratterebbe di dichiarazioni e documenti che il Capo di Gabinetto avrebbe inviato a giornalisti, tra cui quelli della trasmissione Report, per distanziarsi e criticare la gestione di Sangiuliano. Gilioli, dal canto suo, ha annunciato la volontà di sporgere querela, ribadendo la sua estraneità a qualsiasi fuga di notizie dal ministero.
Nel clima di incertezze e polemiche, la scorsa settimana è stato ufficializzato il nome del nuovo Capo di Gabinetto: Francesco Spano, il quale ha anche suscitato preoccupazioni tra i membri della maggioranza. Già nel 2017, Spano era stato costretto a dimettersi dall’Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar) a causa di un’inchiesta di Le Iene, che lo accusava di aver utilizzato fondi pubblici per un’associazione Lgbtq+ coinvolta in attività di presunto sesso a pagamento. Sebbene la Corte dei Conti non avesse riscontrato danni erariali, il passato di Spano continua a pesare sul suo nuovo incarico.
La scelta di Spano come successore di Gilioli non incontra l’approvazione unanimemente. Diverse voci al suo interno – specialmente tra i sostenitori dell’associazione Pro Vita e all’interno di Fratelli d’Italia – hanno espresso scetticismo nei confronti della nomina. La fiducia e la vicinanza che Giuli nutre nei confronti di Spano rischiano di creare fratture ulteriori all’interno di una compagine governativa già provata da dissidi interni.
Il futuro della gestione culturale del governo resta quindi incerto. Il dibattito sul senso di tali avvicendamenti e sulla loro influenza sulla politica ministeriale è acceso, con il rischio che possa accentuarsi il malcontento tra i vari partiti della coalizione. La situazione, mentre evolve, merita un’attenta osservazione per le implicazioni che avrà non solo sugli equilibri interni, ma anche sulla percezione pubblica delle istituzioni culturali italiane.