Turetta a processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin: un piano di rapimento e suicidio
Si è aperto oggi a Venezia l’interrogatorio di Filippo Turetta, imputato per l’omicidio di Giulia Cecchettin. La sua testimonianza ha rivelato un inquietante piano premeditato, che risale a pochi giorni prima del tragico evento. Turetta, in aula, ha ammesso di aver progettato di "rapirla, ucciderla e poi suicidarsi". Le sue parole hanno scosso l’aula: “Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male”.
Durante l’interrogatorio, il pubblico ministero Andrea Petroni ha chiesto chiarimenti sulla lista di appunti stilata da Turetta il 7 novembre, un documento che evidenzia una mente tormentata e confusa. “Ero arrabbiato – ha spiegato Turetta – avevo tanti pensieri, provavo un risentimento per i litigi e per il bruttissimo periodo che stavo attraversando”. Queste parole mettono in luce un evidente stato d’animo disturbato, che si riflette nel suo desiderio di riprendere un legame con la vittima.
Un elemento centrale della testimonianza è l’idea di poter ricucire il rapporto con Giulia, nonostante il rapporto fosse già deteriorato. Turetta ha condiviso con i magistrati il suo stato confusionale, dicendo: “Comunque ci vedevamo e ci scrivevamo. A mia percezione, quando eravamo in presenza fisicamente, a volte percepivo certe cose, altre meno”.
Il racconto di Turetta ha raggiunto un apice agghiacciante quando si è affrontato il momento dell’omicidio. “Forse l’ho colpita”, ha affermato, riferendosi all’uso del coltello, “non ricordo, non lo so. Per farla stare ferma l’ho colpita”. Le immagini del sopralluogo dei carabinieri nel parcheggio, in cui sono visibili tracce di sangue, hanno creato un clima teso in aula. Turetta ha descritto il momento dell’atto violento con frasi sconcertanti: “Quando è uscita dalla macchina io ero arrabbiatissimo, non volevo che finisse così”.
In un’altra parte della sua testimonianza, ha spiegato che “mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì”, dimostrando una mancanza di lucidità e consapevolezza degli atti compiuti. La sua confusione è evidente, destando preoccupazione per la gravità del suo stato mentale.
La vicenda di Giulia Cecchettin e le parole di Turetta testimoniano un drammatico spaccato della complessità delle relazioni interpersonali e dei conseguenti atti estremi che possono scaturirne. Il processo proseguirà per determinare le responsabilità penali e le eventuali aggravanti di questo caso che ha scosso l’opinione pubblica nazionale.