Buffon svela la sua lotta contro la depressione | Scopri perchĂŠ ha rifiutato i farmaci e cosa ha imparato davvero dal calcio!

Buffon parla di depressione e di un passato segnato da ansie e scelte sbagliate

Nell’ultima intervista rilasciata al Corriere della Sera, Gianluigi Buffon si racconta senza filtri, affrontando temi delicati e personali che hanno segnato la sua vita. “L’attacco di panico in campo e la depressione, sono un anarchico conservatore”, afferma l’ex portiere della Juventus e della nazionale italiana, aprendo una finestra su un mondo spesso taciuto nel contesto sportivo.

Buffon riflette su esperienze personali che risalgono ai primi anni 2000, quando, reduce da due scudetti consecutivi, si trovò a fronteggiare un’abbattuta improvvisa. “Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male… pensai che non avrei mai voluto essere lì”, racconta, rievocando un episodio chiave nella sua carriera. Durante una partita contro la Reggina, affrontò un attacco di panico che lo portò a un bivio. Con l’aiuto del suo allenatore dei portieri, Ivano Bordon, e il supporto di un amico, Buffon decise di entrare in campo, riuscendo a ottenere una vittoria che, tuttavia, non cancellò il "problema" più profondo: “Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione”.

Un tema ricorrente nell’intervista è la lotta personale contro lo stigma della salute mentale nel mondo dello sport. “Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente”, confessa Buffon, sottolineando come la sua ricerca di una via d’uscita fosse sfociata nell’arte. La scoperta della pittura, in particolare il dipinto “La Passeggiata” di Chagall, si rivelò un’ancora di salvezza. “Ritornai alla galleria, affascinato da un quadro che mi aveva bloccato per un’ora”, ricorda con emozione.

La chiacchierata non si limita alle sue fragilità, ma spazia anche in riflessioni più leggere e aneddoti. Buffon rivela di aver ottenuto un diploma falso, frutto di un’ingenuità giovanile. “Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato”, ammette, tracciando una linea tra il passato e le esperienze di vita.

Un episodio controverso riguarda la maglietta indossata durante una partita, il cui messaggio aveva un significato ben diverso per lui rispetto a quello interpretato da altri. “Non avevo la minima idea che per qualcuno evoca Heil Hitler… per me voleva dire avere quattro palle”, chiarisce, esprimendo il suo profondo rispetto per la libertà individuale: “Sono un anarchico conservatore”.

Infine, parla delle scommesse, un tema delicato nel calcio. “Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina”, spiega, rassicurando i lettori sul fatto di non aver mai scommesso su partite di calcio in cui fosse coinvolta la Juventus o la nazionale.

Buffon si sofferma, infine, sui vari allenatori che ha incontrato nel corso della sua carriera, ognuno lasciando un segno particolare. Da Conte, che “ci faceva cazziatoni terribili”, a Allegri, descritto come un “angelo”. “Alla vigilia di una partita, sulla lavagna degli schemi scrisse solo: 3. ‘Siete tre volte più forti degli avversari’”.

Questa intervista offre uno spaccato non solo della carriera calcistica di Buffon, ma anche delle sue fragilità e della sua evoluzione personale. Un racconto che, tra paure e conquiste, invita a riflettere sull’importanza di affrontare la salute mentale con apertura e onestà.