Il Mandato d’Arresto della Corte Penale Internazionale: Implicazioni per Netanyahu e il Futuro di Israele
Il recente mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale (CPI) contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant rappresenta un momento cruciale nella giurisprudenza internazionale e nel contesto geopolitico del Medio Oriente. Secondo Triestino Mariniello, docente di diritto internazionale all’Università di Liverpool, questa decisione storica non solo segna una svolta per le vittime palestinesi, ma potrebbe significativamente influenzare la capacità di Netanyahu di esercitare la sua carica di primo ministro.
La Corte ha emesso il mandato in relazione a crimini di guerra e crimini contro l’umanità presunti nel corso delle operazioni militari nella Striscia di Gaza tra ottobre 2023 e maggio 2024. Le stime parlano di oltre 44.000 morti dall’inizio dell’offensiva, con un fardello gravissimo sulle spalle delle vittime palestinesi. Questo atto giuridico segna la prima volta che i leader israeliani vengono riconosciuti formalmente dal sistema giudiziario internazionale come potenzialmente responsabili di tali reati.
Mariniello, già rappresentante legale vittimario presso la CPI, sottolinea che “è una sentenza storica per le vittime palestinesi perché hanno nella Corte dell’Aia l’unico organismo di tutela disponibile.” La decisione ha inoltre un’importanza simbolica, visto il contesto di pressioni politiche a cui la Corte è stata sottoposta. È un segnale forte per le organizzazioni per i diritti umani palestinesi, che hanno collaborato con la CPI per documentare i crimini e raccogliere prove.
Cosa accade ora? I 125 Paesi membri della CPI hanno l’obbligo legale di eseguire i mandati di arresto. Se Netanyahu o Gallant dovessero mettere piede in uno di questi Stati, le forze dell’ordine avrebbero il dovere di arrestarli e trasferirli all’Aia. Sebbene Mariniello preveda che queste misure non si attueranno immediatamente, sottolinea che l’esistenza del mandato potrebbe limitare le azioni di Netanyahu come primo ministro.
Lo scenario nazionale risulta complesso, specialmente considerando che il governo israeliano potrebbe opporsi a queste misure. L’ex ministro Gallant ha già perso il suo incarico a causa di tensioni interne, mentre le azioni legali potrebbero estendersi anche ad altri cittadini israeliani, inclusi quelli con doppia nazionalità. Questa situazione potrebbe interessare anche cittadini italiani, sollevando interrogativi su come le leggi internazionali si intrecciano con le giurisdizioni nazionali.
In aggiunta, la decisione della CPI potrebbe avere ripercussioni su altri ambiti legali. Mariniello indica che potrebbe influenzare i processi per fermare il trasferimento di armi verso Israele, dato che il documento della Corte parla di “fondati motivi” per credere che i crimini siano stati commessi dai due leader. Inoltre, potrebbero esserci degli sviluppi anche presso la Corte internazionale di Giustizia, già coinvolta in una causa contro Israele presentata dal Sudafrica per genocidio.
“Sebbene la Corte penale non menzioni esplicitamente il genocidio, afferma che esistono elementi sufficienti per sostenere che Netanyahu e Gallant abbiano utilizzato la fame come arma di guerra,” evidenzia Mariniello. Questo aspetto ricalca le gravi accuse mosse alla leadership israeliana, ampliando il panorama legale contro di loro.
In conclusione, il mandato d’arresto della CPI segna una fase complessa e delicata nella geopolitica israeliana. Con la crescente pressione internazionale e le implicazioni legali che si profilano all’orizzonte, il futuro di Netanyahu e la stabilità del suo governo potrebbero essere messi seriamente alla prova.