La nonna di Giulia Cecchettin insorge contro la difesa di Turetta: “Come fa a non esserci crudeltà in 75 coltellate?”
ROMA – Si accende il dibattito intorno al processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, uccisa brutalmente dall’ex fidanzato il 11 novembre scorso. Carla Gatto, la nonna della vittima, ha rilasciato una toccante intervista ai microfoni di Rai 2, esprimendo un profondo dolore e indignazione per la linea difensiva adottata dall’avvocato di Turetta.
“Mi manca, mi manca tutta Giulia. Era la gioia fatta persona, era allegra, vivace, briosa. Era un sole. Un sole che non vedrai più,” ha esordito Carla Gatto, sottolineando l’inestimabile perdita che ha subito la famiglia. La nonna ha descritto Giulia come una giovane donna piena di vita, e ha chiarito che le affermazioni dei legali di Turetta, secondo cui non ci sia stata premeditazione nell’assassinio, le sembrano incomprensibili.
“Penso sia un’assurdità dire che non ci sia stata premeditazione nel suo omicidio,” ha aggiunto, riferendosi alle evidenze e ai fatti accertati. La donna ha comunicato il suo profondo rifiuto delle parole pronunciate dalla difesa, affermando che tali affermazioni le fanno solo male: “Non ho visto Giulia in quelle parole, come se Giulia fosse stata uno straccio. E Giulia è mia nipote.”
Carla Gatto ha espresso con veemenza la sua convinzione che l’omicidio di Giulia fosse premeditato. “Certamente si tratta di un omicidio premeditato,” ha ribadito, mentre una gelida indignazione sputava dalle sue parole. Ha anche messo in evidenza la crudeltà del crimine, a partire dai dettagli dell’aggressione: “Cos’è la crudeltà? Se tutto quello che è successo a Giulia non è crudeltà, adesso vorrei sapere che cosa sia la crudeltà.”
La nonna ha parlato delle modalità in cui Giulia è stata uccisa, invitando a riflettere sulla portata dei colpi inferti. “75 coltellate non è crudeltà?” ha incalzato, esprimendo il suo desiderio di giustizia per la nipote. Inoltre, ha richiamato l’attenzione sulla patologia della persecuzione, riferendosi alle numerose chiamate che Giulia riceveva, definendole un chiaro segnale di tormento.
“Giulia si sentiva perseguitata. Uno non vive, sarebbe da spegnere il cellulare e non riaccenderlo più,” ha commentato, rendendo evidente quanto insostenibili siano state le condizioni vissute dalla giovane donna.
Conclude, infine, chiedendo un severo giudizio: “Turetta deve pagare per quello che ha fatto, sarebbe giusto.” Il processo continua e la voce di chi ha perso un famigliare in circostanze tragiche come queste risuona fortemente, richiamando all’attenzione la necessità di una giustizia compensativa e di una riflessione profonda sulle problematiche relative alla violenza di genere.