Il filosofo Leonardo Caffo condannato a quattro anni per maltrattamenti: “Colpito per educarne mille”
BOLOGNA – Leonardo Caffo, noto filosofo e scrittore di 36 anni, è stato condannato a quattro anni di reclusione per maltrattamenti aggravati e lesioni nei confronti della sua ex compagna, da cui ha una figlia di soli quattro anni. La sentenza è stata emessa oggi a Milano, segnando un’importante svolta in un caso che ha suscitato grande attenzione mediatica e polemiche.
La Procura aveva richiesto per Caffo una pena di quattro anni e mezzo, ma il Tribunale ha concesso alcune attenuanti generiche, escludendo però due delle tre aggravanti inizialmente contestate. Oltre alla condanna detentiva, il filosofo è stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni e richiestigli un risarcimento di 45mila euro a favore delle parti civili.
Dopo la lettura della sentenza, Caffo ha rilasciato dichiarazioni provocatorie: “Va bene colpirle uno per educarne mille, speriamo educhino gli altri mille. Io sono stato uno”. Ha aggiunto che le sue azioni erano motivate dal desiderio di restare vicino alla figlia, ammettendo, “ho senz’altro fallito”. Non sono mancate frasi incisive in cui ha espresso la sua capacità di affrontare le avversità, dichiarando: “Ho un’enorme capacità di incassare merda e continuerò a incassarla”.
Il caso di Caffo ha avuto anche ripercussioni sul mondo dell’editoria. Infatti, nei giorni scorsi, il filosofo aveva declinato l’invito a partecipare a “Più libri più liberi”, un’importante manifestazione dedicata all’editoria a Roma. Il suo invito ha portato a defezioni significative, tra cui quella del famoso fumettista Zerocalcare, che ha deciso di non prendere parte al festival in segno di protesta.
La denuncia da parte della compagna di Caffo risale a luglio 2022, quando la loro bambina aveva appena due anni. In aula, la donna ha raccontato di ripetuti episodi di violenza, sottolineando che Caffo, al momento della denuncia, cercava di sminuire la sua credibilità, affermando che nessuno le avrebbe creduto e che avrebbe potuto farla passare per “pazza” di fronte all’autorità giudiziaria.
La condanna di Caffo non è solo una questione individuale, ma solleva interrogativi più ampi sulla violenza domestica e su come la società affronta questi tragici casi. La sua storia continua a far discutere e a mettere in luce l’importanza di ascoltare le voci delle vittime, e di educare a una cultura del rispetto e della non violenza.