La crisi di Stellantis: un campanello d’allarme per l’industria italiana
In un contesto economico stagnante e preoccupante, Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore di Livolsi & Partners S.p.A., lancia un allerta forte e chiara: “La crisi di Stellantis non è solo la crisi di un colosso dell’automotive, è il simbolo di un sistema industriale italiano che si sta indebolendo.” Le parole di Livolsi, espresse in una recente rubrica per l’agenzia Dire, evidenziano la fragilità di un settore che storicamente ha rappresentato il cuore pulsante dell’economia italiana.
La fusione tra FCA e Peugeot, celebrata come una celebrazione di nuova era, si è rivelata un matrimonio finanziario piuttosto che industriale. La produzione è stata trasferita verso paesi con costi più contenuti, mentre gli stabilimenti italiani hanno visto scarseggiare investimenti e nuovi modelli. I dati parlano chiaro: 42.500 dipendenti in Italia, con un calo del 25% rispetto al 2021, accompagnati da un invecchiamento della forza lavoro, con un’età media superiore ai 57 anni.
La situazione è aggravata dalla crescente diffusione della cassa integrazione e da un costo per lo Stato che ha superato i 700 milioni di euro negli ultimi tre anni. “Di piani industriali lungimiranti, però, non c’è stata traccia,” osserva Livolsi, sottolineando come le scelte politiche e le dinamiche globali abbiano messo in crisi un sistema produttivo già vulnerabile. La decisione dell’Unione Europea di abbandonare i motori a combustione interna entro il 2035 rappresenta, secondo Livolsi, un’imposizione che ha colpito un settore basato su decenni di innovazione.
“Non è solo l’automotive a soffrire,” prosegue il professore. La manifattura italiana, fiore all’occhiello del paese, mostra segni di cedimento sempre più evidenti. Il contributo della manifattura al PIL è sceso dal 19,9% nel 2019 all’attuale 18,1%, un quadro che dipinge un declino inesorabile. “I grandi gruppi industriali sembrano più interessati a delocalizzare che a innovare,” denuncia Livolsi, che critica la mancanza di politiche industriali coerenti.
All’orizzonte, la Legge di Bilancio in via di approvazione presenta alcune misure incoraggianti, come gli sconti sull’IRES per le imprese che reinvestono gli utili e le risorse per incentivare le Zone Economiche Speciali al Sud. “Tuttavia,” avverte Livolsi, “serve una revisione radicale delle strategie.” È fondamentale posizionare l’innovazione e la formazione al centro dell’agenda, affinché l’industria italiana possa rispondere alle sfide del mercato globale.
La crisi di Stellantis, purtroppo, è un segnale di un malessere più profondo. Livolsi conclude con una nota provocatoria: “Può essere l’occasione per ripensare il ruolo dell’industria italiana in un mondo che cambia a velocità rapidissima.” La domanda che si pone dunque è se il paese riuscirà ad approfittare di questa opportunità o se continuerà a subire le conseguenze di scelte poco lungimiranti.