Il 6 gennaio 1980 veniva ucciso Piersanti Mattarella, la svolta nelle indagini 45 anni dopo
Il 6 gennaio 1980, Palermo fu teatro di un agguato di stampo mafioso che portò all’uccisione di Piersanti Mattarella, allora Presidente della Regione Siciliana. Quella tragica giornata segnò non solo la vita della politica siciliana, ma anche la storia della lotta contro Cosa Nostra. A 45 anni dal delitto, l’inchiesta ha finalmente registrato una svolta significativa, alimentando speranze di giustizia mai spente.
La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati due esponenti di spicco di Cosa Nostra: Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese. Entrambi, all’epoca dei fatti rispettivamente 28 e 22 anni, sono già in carcere per cumuli di crimini gravi, inclusa la strage di via Isidoro Carini, che costò la vita al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e ad altre importanti figure delle istituzioni.
Secondo le ultime ricostruzioni, Nino Madonia avrebbe materialmente sparato a Mattarella, mentre Giuseppe Lucchese avrebbe ricoperto il ruolo di autista durante l’operazione. Entrambi sono accusati di aver eseguito l’omicidio su ordine della Cupola mafiosa, già condannata come mandante del delitto stesso.
L’inchiesta, nel suo lungo percorso, ha subito devianti depistaggi che hanno in passato portato su strade sbagliate. Inizialmente, infatti, gli esecutori materiali erano stati identificati nei terroristi neri Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, prosciolti negli anni successivi grazie a prove schiaccianti che confermavano la matrice mafiosa del crimine.
Una figura chiave come quella di Giovanni Falcone non manco di fare luce sull’omicidio. Durante una audizione in Commissione antimafia nel 1990, aveva affermato che il delitto di Mattarella fosse il risultato di “convergenze di interessi di grandi dimensioni”, suggerendo anche l’esistenza di possibili “mandanti esterni” coinvolti nella pianificazione dell’omicidio. La sua analisi continua a rappresentare un punto di riferimento nella comprensione delle dinamiche mafiose.
Nuove testimonianze, raccolte dalla Procura guidata da Maurizio de Lucia e dall’aggiunta Marzia Sabella, stanno emergendo e potrebbero alimentare un nuovo processo. I dettagli di queste dichiarazioni sono mantenuti sotto stretto riserbo, ma apparentemente corroborano le accuse nei confronti di Madonia e Lucchese. Tra le fonti più significative si trova Gaspare Mutolo, un ex autista di Totò Riina, il quale ha confermato l’assoluta competenza e brutalità degli assassini di Cosa Nostra: “Cosa Nostra ha sempre avuto killer spietati ed esperti, non si è mai rivolta all’esterno per un omicidio eccellente”.
Piersanti Mattarella era visto come un simbolo di rinnovamento politico e di impegno nella lotta contro la mafia. La sua visione di una politica pulita lo rese un bersaglio per Cosa Nostra. L’immagine del futuro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che abbraccia il corpo senza vita del fratello assassinato, rimane una delle fotografie più emblematiche della lotta dello Stato contro la criminalità organizzata.
A quarantacinque anni dall’omicidio, il nuovo sviluppo delle indagini rappresenta una luce nell’ombra dell’incredibile tragedia che ha segnato il corso della storia del nostro Paese. La speranza di giustizia per Piersanti Mattarella e per la sua famiglia potrebbe finalmente avverarsi, offrendo un segnale forte contro l’impunità e la violenza di Cosa Nostra.