Gaza verso la tregua: l’accordo tra Israele e Hamas rischia di affondare per la mancanza di fiducia!

Gaza, la speranza della tregua: il difficile cammino verso la pace

ROMA – L’attenzione internazionale si concentra sulla delicatezza della situazione a Gaza, con l’attesa per l’entrata in vigore di un accordo tra Israele e Hamas fissata per domenica 19 gennaio. Raggiunta a Doha, grazie alla mediazione del Qatar, degli Stati Uniti e dell’Egitto, questa intesa rappresenta un tentativo cruciale di dare un nuovo corso a un conflitto che ha portato a risultati allarmanti, come i 46.000 morti e oltre 110.000 feriti in 476 giorni di combattimenti.

Se il cessate il fuoco dovesse entrare in vigore, le truppe israeliane si ritireranno dalla Striscia di Gaza e Hamas restituirà gli ostaggi sequestrati durante l’attacco del 7 ottobre 2023. Questo potenziale passo verso la pace solleva interesse e speranza non solo tra i palestinesi e le famiglie degli ostaggi, ma anche tra gli osservatori della geopolitica regionale. Tuttavia, i raid compiuti dall’esercito israeliano continuano a colpire la popolazione palestinese, suscitando preoccupazioni circa la situazione umanitaria.

Le parole dei vescovi cattolici di Terra Santa risuonano forti in questo contesto: “La fine della guerra non significa la fine del conflitto”. Gli esperti avvertono che le cause profonde della violenza dovrebbero essere affrontate in modo serio, puntando a costruire fiducia tra le parti coinvolte. Solo così sarà possibile superare la paura e la giustificazione della violenza come strumento politico.

Nonostante l’entusiasmo generato dall’accordo, la strada verso un cessate il fuoco definitivo appare tutt’altro che semplice. Caratterizzata da tre fasi, le ultime due rimangono ancora da definire, mentre le parti coinvolte si trovano a fronteggiare un clima di diffidenza. Il governo Netanyahu, composto anche da elementi di estrema destra, si divide sulla questione del ritiro delle forze israeliane. Le pressioni per mantenere la sicurezza del paese si scontrano con la necessità di affrontare la questione degli ostaggi.

Le frizioni non riguardano solo il ritiro delle truppe, ma anche la richiesta di Hamas di liberare i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, su cui Tel Aviv si riserva l’ultima parola. Se questi ostacoli verranno superati, sarà possibile avviare la fase uno dell’accordo, che prevede, tra le altre cose, il rilascio di 33 ostaggi israeliani e il ritorno a casa delle famiglie palestinesi sfollate, oltre all’invio di aiuti umanitari alla Striscia.

I diplomatici sottolineano che il tempo è ora di "coraggio politico". Per il segretario di Stato uscente Antony Blinken, è fondamentale perseguire obiettivi che includano la transizione per Gaza e il riconoscimento di uno Stato palestinese. La nuova amministrazione di Donald Trump, che si insedierà prossimamente, avrà il compito di garantire il rispetto dell’intesa, mentre il governo italiano di Giorgia Meloni si è dichiarato pronto a sostenere un’eventuale forza di interposizione sotto le Nazioni Unite.

Tuttavia, la creazione di uno Stato di Palestina rimane un tema spinoso. Come ha affermato il ministro israeliano Gideon Sa’ar, l’idea è inaccettabile se associata a Hamas, gruppo considerato terroristico da molti Paesi occidentali. Con una parte della popolazione palestinese che esprime sconforto verso l’Autorità Nazionale Palestinese per la mancanza di elezioni dal 2005, la situazione politica si complica ulteriormente.

Il nuovo assetto geopolitico del Medio Oriente, incluse le dinamiche legate agli alleati dell’Iran, continua a influenzare il contesto. Con il recente miglioramento della situazione politica in Libano e la potenziale stabilità in Siria, resta però aperto il conflitto in Yemen e i rapporti tesi con Teheran, che non sembrano destinati a risolversi a breve. In questo contesto, si attende di vedere come l’amministrazione Trump affronterà le sfide pendenti e lavorerà per promuovere un clima di pace duraturo in una regione storicamente segnata da tensioni.

La comunitĂ  internazionale osserva con attenzione mentre le parti cercano di trovare un terreno comune. Saranno le prossime settimane a confermare se si tratta di un passo verso la pace o di un ulteriore capitolo di un conflitto che sembra non avere fine.