A Gaza ancora morti nonostante la tregua: la testimonianza di una cooperante
ROMA – "A Gaza si muore ancora nonostante il cessate il fuoco, anche se da ieri si spara e bombarda meno". È con queste parole che Arianna Martini, fondatrice e presidentessa di Support and Sustain Children (Ssch), avvia la sua toccante intervista con l’agenzia Dire. La cooperante, attualmente attiva nella Striscia, è impegnata a portare acqua e cibo ai civili colpiti dalla guerra, descrivendo una situazione drammatica e le incertezze che permeano la vita quotidiana di chi vive in quella regione.
Durante la conversazione, Martini riferisce che i residenti stanno percependo una certa diminuzione della violenza: "La tregua, entrata in vigore ieri, sembrerebbe reale". Tuttavia, la situazione rimane precaria. “Proprio poco fa mi hanno riferito di colpi d’arma da fuoco e morti: pare che tra le vittime ci sia un bambino”. Queste notizie tragiche sono confermate dall’emittente Al Jazeera, che riporta di due vittime a Rafah, inclusi altri feriti, per colpi di fucile sparati da cecchini.
Martini continua a raccontare che, mentre era in contatto con i suoi colleghi a Khan Younis, “ho potuto sentire qualche colpo d’arma da fuoco e poi il rumore degli elicotteri”. Nonostante le celebrazioni per la tregua, “la gente vive ancora nella paura”, e molti non riescono a dormire la notte. La costante angoscia porta le persone a muoversi incessantemente, in un tentativo disperato di aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza.
“Dopo 15 mesi di embargo, è urgente far arrivare convogli con gli aiuti”, afferma Martini. Nonostante le difficoltà, l’accordo tra Israele e Hamas prevede l’apertura dei valichi per consentire l’ingresso di aiuti umanitari. La cooperante riferisce di camion che iniziano a varcare le frontiere "già prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco", ma l’entità e l’origine di questi aiuti rimangono incerti.
Il bisogno di tende per gli sfollati è diventato cruciale. “Abbiamo acquistato 80 tende dall’Egitto”, afferma con determinazione, descrivendo i prezzi in calo grazie all’arrivo degli aiuti. I filmati che circolano mostrano un paesaggio di macerie infinite, con le Nazioni Unite che segnalano una devastazione senza precedenti, con oltre due terzi delle infrastrutture distrutte. Secondo l’OMS, saranno necessari 10 miliardi di dollari solo per ripristinare il sistema sanitario, già gravemente colpito.
Martini sottolinea l’impotenza e la rassegnazione della popolazione: “Si siedono sulle macerie e confidano in Dio”. “C’è una capacità di riprendersi incredibile, ma in questo momento non hanno idea di come sarà il loro futuro.”
Riguardo al lavoro della sua organizzazione, Martini spiega che "intendiamo seguire gli sfollati nelle zone d’appartenenza, principalmente a nord", ma mette in guardia: è presto per pianificare interventi efficaci. “Dovremo vedere se la tregua regge”. Gli sforzi per creare un punto medico per le cure non salvavita sono già in corso, ma la cooperante riporta che “la prospettiva per inquadrare le attività è di almeno sei mesi”.
In un contesto così complesso e fragile, la voce di Arianna Martini rappresenta un appello a non dimenticare la sofferenza di chi vive a Gaza, un invito a mantenere alta l’attenzione su una crisi che va oltre le semplici statistiche, toccando le vite di milioni di persone.