Setta delle Bestie: L’Esperta Raffaella Di Marzio Contesta la Criminalizzazione Riferita al Processo di Novara
Il caso della cosiddetta "Setta delle Bestie" continua a suscitare dibattiti accesi all’interno della società italiana. L’esperta Raffaella Di Marzio, direttrice del Centro Studi sulla Libertà di Religione (Lirec), ha espresso le sue preoccupazioni riguardo alla gestione mediatica e giuridica di questo processo, che ha visto 26 imputati con accuse legate a reati sessuali, terminando con una sola condanna per violenza sessuale di gruppo e ben 25 assoluzioni.
“Basta criminalizzare” è il mantra di Di Marzio, che mette in evidenza la “deriva colpevolista” che ha caratterizzato l’intero procedimento. Durante il processo, si è messa in luce la figura del fondatore della setta, il settantasettenne Gianni Maria Guidi, noto anche come “Il Dottore”, il quale ha poco a che fare con le accuse di abuso. L’esperta chiarisce che “le donne coinvolte partecipavano liberamente a rituali di danza e meditazione”, perlopiù orientati a connettersi con la natura e la spiritualità .
La Questione delle Prescrizioni
Un aspetto controverso del processo è quello legato alle prescizioni dei reati. Di Marzio sottolinea che “le prescrizioni non sono maturate durante il processo, ma risalgono a eventi accaduti negli anni ’80 e ’90”. Questo si traduce nel fatto che molte delle accuse si sono basate su fatti antichi, che purtroppo non potevano più essere perseguiti penalmente. La direttrice del Lirec ha confutato le insinuazioni circolate nei media, secondo cui gli imputati si sarebbero salvati grazie a cavilli legali.
L’Allarmismo Mediale
Di Marzio ha anche espresso preoccupazione per il trattamento riservato dal media a queste minoranze. “Non c’è nessun allarme sociale”, ha affermato, rispondendo alle narrazioni sensazionalistiche che tendono a creare un’immagine caricaturale di questi gruppi. L’esperta ha raccontato di come molti degli assoltiti siano stati impiegati statali che, a causa del clamore del caso, hanno perso il lavoro e la stabilitĂ , senza alcuna base reale di pericolo.
L’unico caso di violenza che ha trovato conferma è quello relativo a Barbara Magnani, badante del defunto leader della setta. Di Marzio ammonisce: “La macchina dell’istigazione all’odio è stata attivata, amplificando una percezione di mostruosità attorno al gruppo”.
LibertĂ di Riunirsi
Infine, Raffaella Di Marzio ha ribadito l’importanza della libertĂ di riunione e del diritto di ogni individuo di praticare le proprie convinzioni. “Se un gruppo si riunisce per credenze che possono sembrare strane, deve essere tutelato a meno che non commetta abusi”, ha dichiarato, evidenziando che “l’associazione a delinquere deve essere perseguita se ci sono violazioni della legge”.
In conclusione, la vicenda della Setta delle Bestie si rivela piĂą complessa di quanto possa apparire. Mentre il processo ha concluso con sentenze importanti, la questione della criminalizzazione e del trattamento mediatico di minoranze religiose resta aperta, invitando a una riflessione piĂą profonda e articolata.