La Cassazione conferma la condanna di calunnia per Amanda Knox
ROMA – Si conclude con una nuova svolta il caso legato all’omicidio di Meredith Kercher, uno dei più discussi e controversi degli ultimi due decenni in Italia. La Cassazione ha confermato la condanna di calunnia nei confronti di Amanda Knox, stabilendo così una pena di tre anni di carcere, già scontata, per aver accusato ingiustamente Patrick Lumumba nel 2007.
Knox, oggi 36enne, aveva denunciato Lumumba come colpevole del crimine, pur sapendo che l’uomo non era responsabile degli atti avvenuti quella drammatica notte a Perugia. Le sue affermazioni avevano avuto conseguenze devastanti per Lumumba, che trascorse 14 giorni in carcere a causa delle false accuse. La conferma della condanna da parte della prima sezione di Cassazione chiude un capitolo che ha avuto ripercussioni sia legali che emotive per tutti i soggetti coinvolti.
Attualmente negli Stati Uniti, Knox ha seguito la decisione dei giudici insieme alla sua famiglia. Prima della sentenza, ha voluto ribadire la sua innocenza attraverso i social media, affermando: “Non sono una calunniatrice”, e sostenendo di non essere stata presente nell’abitazione al momento dell’omicidio di Meredith.
“Io non sono una bugiarda. Ho subito un processo iniquo e oggi sto lottando per liberare il mio nome una volta per tutte, afferma Knox, manifestando chiaramente il suo desiderio di chiudere un capitolo doloroso della sua vita.
Le Circostanze dell’Omicidio
L’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa britannica assassinata a Perugia nel 2007, ha saturato i titoli dei giornali per anni. Rudy Guede, un cittadino ivoriano, è l’unico ad essere stato condannato definitivamente per questo crimine, con una pena di 16 anni di carcere, avvalendosi del rito abbreviato. Questo caso ha sollevato un acceso dibattito non solo in Italia, ma in tutto il mondo, specialmente riguardo al sistema giudiziario e alle sue implicazioni.
Mentre Knox ha ottenuto l’assoluzione dall’accusa di omicidio, il suo nome rimane comunque legato a questa vicenda che ha segnato un’epoca. Le parole con cui ha cercato di difendersi in questo momento di difficoltà risuonano forti e chiare: “Non ero presente a casa quando Meredith è stata assassinata”.
La vicenda continua a suscitare interesse e discussioni, rimanendo un capitolo emblematico del confronto tra giustizia e diritto di difesa in scenari complessi. La determinazione della Cassazione di mantenere ferma la condanna di calunnia per Knox rappresenta un altro passo nella lunga storia di un caso che sembra tutt’altro che chiuso.