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Dall’Egitto un altro no a Trump: “Ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi”
ROMA – Il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi ha lanciato un chiaro messaggio riguardante la ricostruzione della Striscia di Gaza, sottolineando l’importanza di preservare i diritti dei palestinesi. In un recente colloquio telefonico con il primo ministro danese Mette Frederiksen, Al-Sisi ha affermato la priorità di “ricostruire Gaza senza sfollare i palestinesi, per salvaguardare i loro diritti”, tra cui quello fondamentale di “vivere sulla loro terra”.
La posizione egiziana si schiera decisamente contro l’idea avanzata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di gestire la ricostruzione dell’area, trasformandola nella "Riviera del Medio Oriente" e prevedendo l’espulsione della popolazione palestinese residente nei Paesi vicini. Questo progetto ha suscitato un forte rifiuto da parte dell’Egitto e della Giordania, i cui leader hanno chiaramente espresso il loro disaccordo.
Di fronte a tale opposizione, Trump ha minacciato di “tagliare gli aiuti” destinati a quei Paesi. Questa situazione alimenta le tensioni globali attorno alla questione palestinese, particolarmente in un momento in cui il re di Giordania, Abdullah II, si recherà a Washington per discutere con Trump.
La discussione si inserisce in un contesto difficile, segnata dall’attuale tregua tra Hamas e Israele, la quale ha mostrato segni di fragilità. Infatti, Hamas ha recentemente sospeso il rilascio degli ostaggi previsto, accusando Israele di violare l’accordo di cessate il fuoco. “Il ritardo del ritorno degli sfollati nella Striscia di Gaza settentrionale e l’inaccessibilità degli aiuti sono tra le ragioni addotte da Hamas”, ha dichiarato il portavoce dell’organizzazione, Abu Obeida.
Dal 19 gennaio, data di inizio del cessate il fuoco, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di 111 palestinesi, la maggior parte dei quali nella Cisgiordania, dove le operazioni militari dell’esercito israeliano continuano a causare un alto numero di sfollati, portando il totale a oltre 25.000.
In risposta alle dichiarazioni di Hamas, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ordinato alle forze armate di mantenere un livello di allerta massimo per qualsiasi eventualità che possa presentarsi in Gaza. Le manifestazioni di protesta a Tel Aviv si intensificano mentre la tensione tra le due parti cresce.
In un ultimo sviluppo, Hamas ha comunicato che “le garanzie Usa per il cessate il fuoco non sono più in vigore”, segnando un ulteriore passo verso l’escalation della crisi. Questa dichiarazione segue le affermazioni di Trump durante il Super Bowl, in cui ha reiterato la sua volontà di “acquistare e possedere Gaza”, richiamando così la sua progettualità controversa circa la riorganizzazione della regione.
In questo clima di incertezze e tensioni, ciò che emerge è una chiara contrapposizione tra le aspirazioni palestinesi di autodeterminazione e i piani geopolitici propri di potenze come gli Stati Uniti. La messa in discussione del fragile accordo di cessate il fuoco da parte di Hamas rappresenta solo la punta dell’iceberg in un conflitto talmente complesso da richiedere un impegno concreto per la stabilità e la pace duratura nella regione.