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Un drone russo colpisce lo scudo di Chernobyl: torna l’incubo nucleare
Nella notte tra giovedì e venerdì, una notizia allarmante è emersa dalla zona di Chernobyl: un drone russo ha colpito il sarcofago che protegge il reattore 4 della centrale nucleare, destando immediatamente preoccupazioni per la sicurezza nucleare. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato l’accaduto, rievocando il tragico disastro nucleare del 1986.
L’attacco ha causato un incendio, successivamente domato, senza però comportare variazioni nei livelli di radiazioni. Né Zelensky né l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) hanno segnalato cambiamenti nei parametri radiologici, fornendo così un certo sollievo a un’atmosfera già tesa. Tuttavia, le immagini del danneggiamento della struttura protettiva hanno destato preoccupazioni tra gli esperti e i cittadini.
Il leader ucraino ha enfatizzato l’importanza del sarcofago, una straordinaria costruzione di acciaio e cemento completata nel 2016, concepita per contenere la radioattività per almeno un secolo. Un attacco a una protezione così cruciale riporta alla memoria le drammatiche conseguenze del passato e alimenta la paura di una possibile catastrofe nucleare.
Non è la prima volta che Chernobyl si trova nel mirino delle operazioni militari russe. Già nel febbraio 2022, in concomitanza con l’inizio dell’invasione, le forze di Mosca avevano preso il controllo della zona per oltre un mese. La reiterazione di tali eventi ha spinto esperti e attivisti a chiedere maggiori garanzie di sicurezza e un attento monitoraggio della situazione, per prevenire qualsiasi incidente che potrebbe avere ripercussioni a livello globale.
Questo recente attacco segna un ulteriore capitolo in un conflitto già complesso e destabilizzante. Mentre la comunità internazionale tiene d’occhio gli sviluppi, la memoria di Chernobyl continua a pesare come un monito per l’umanità, in un contesto di crescente tensione geopolitica e rischi nucleari.