
A Bologna inizia il processo d’appello per la morte di Saman Abbas: la madre entra in aula per la prima volta
BOLOGNA – Un momento atteso e carico di tensione ha avuto luogo oggi presso la Corte d’Assise d’appello di Bologna: Nazia Shaheen, madre di Saman Abbas, si è presentata in aula per la prima volta per partecipare al processo di secondo grado relativo all’omicidio della sua giovane figlia. Questa udienza segna un capitolo cruciale nella drammatica vicenda che ha scosso l’opinione pubblica italiana e non solo.
Nazia, accompagnata da una scorta, ha attraversato il cortile del tribunale con il viso velato e mascherato, manifestando un evidente segno di disagio. In aula era presente anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, e altri familiari imputati. Tutti loro sono risultati condannati nel primo grado di giudizio: i genitori a ergastolo, e lo zio a 14 anni. Il caso risale alla notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021, quando Saman fu uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia.
La presenza di Nazia: una possibile svolta nel processo
La presenza della madre di Saman in aula è considerata da molti un elemento di possibile rottura. Durante il processo di primo grado, Nazia si trovava in Pakistan, dove era fuggita il giorno dopo la scomparsa della figlia, e il suo ritorno in Italia ha destato grande curiosità. Ci si chiede se le sue eventuali dichiarazioni possano fornire nuovi elementi o ribaltare la situazione. Liborio Cataliotti, avvocato dello zio di Saman, ha affermato che la sua testimonianza potrebbe introdurre dinamiche inaspettate nel dibattimento.
La questione del movente e il ruolo della madre
Gli atti del processo evidenziano che, per i giudici di primo grado, la madre potrebbe aver avuto un ruolo attivo nell’omicidio della figlia. La motivazione dietro il delitto sarebbe da ricercare nel rifiuto di Saman a un matrimonio combinato e nella sua libertà di esprimersi sui social. Infatti, la giovane era stata vista in foto con il suo fidanzato, una situazione inaccettabile per la concezione tradizionale della famiglia pakistana.
Sotto il peso di tali gravissime accuse, l’introduzione di testimonianze da parte della madre potrebbe cambiare il corso della giustizia. Un’eventuale ammissione di colpa o il racconto di eventi differenti potrebbe rivelarsi cruciale.
La logistica in aula: un interpreter ‘obbligato’ e la disposizione degli imputati
Il processo presenta anche peculiarità logistiche: la Corte ha deciso di nominare un unico interprete per tutti gli imputati, obbligando i familiari di Saman a sedere vicini in aula, una scelta che ha suscitato diverse reazioni. Nazia Shaheen, in particolare, aveva espresso il desiderio di avere un interprete di fiducia, richiesta però rigettata dal giudice.
Un processo sotto stretta sorveglianza e senza telecamere
Questo processo è anche caratterizzato dalla decisione della Corte di vietare le riprese televisive in aula, nonostante la Procura avesse auspicato la presenza delle telecamere per il suo alto valore sociale. La Corte ha ritenuto sufficiente il diritto di cronaca garantito dalla presenza dei giornalisti, optando per un dibattito più riservato.
Conclusioni
Con l’inizio di questa nuova fase processuale, si respira un’aria di grande attesa intorno alla Corte d’Assise d’appello di Bologna. Le dichiarazioni della madre di Saman, che rimangono ancora incerte, rappresentano una “variabile impazzita” in un contesto già complesso. La comunità resta sintonizzata, sperando che la giustizia possa finalmente portare chiarezza e verità sul terribile omicidio di Saman Abbas.