«Ho battuto Federer, ma ora sono in guerra | Perché i miei figli non capiscono la mia scelta»

Sergiy Stakhovsky: Un Ex Tennista in Prima Linea per l’Ucraina

ROMA – "Certo che morirei per l’Ucraina. Altrimenti non sarei qui." Queste parole risuonano potenti, pronunciate da Sergiy Stakhovsky, un ex tennista ucraino diventato simbolo della resistenza contro l’invasione russa. Oggi, il fronte ucraino è la sua nuova "casa", un luogo che abita da tre anni, in un contesto di conflitto e incertezze.

Stakhovsky, numero 31 del ranking ATP nel 2010 e famoso per la storica vittoria su Roger Federer a Wimbledon, ha lasciato il mondo del tennis per abbracciare una missione ben più complessa. "Ci siamo abituati all’orrore, dopo tre anni," confessa ai microfoni de L’Equipe. La guerra ha rubato il suo tempo, ma ha anche ridisegnato il significato di "vittoria" per lui e per molti ucraini.

A 39 anni, la vita personale di Stakhovsky ha subito un drastico cambiamento: è divorziato e vede i suoi tre figli — di 6, 10 e 11 anni — solo ogni sei mesi. "Sono abbastanza grandi per sapere cosa faccio, ma non lo capiscono davvero," ammette. La distanza dai figli amplifica il suo dolore, rendendo il suo sacrificio ancora più difficile da comprendere per la sua famiglia.

Stakhovsky cerca di spiegare la sua scelta di rimanere in Ucraina, ma i suoi figli non possono afferrare appieno la necessità di combattere per la libertà del loro paese. "Non biasimerei nessuno per il fatto di pensare ad altro," afferma. Il mondo, secondo lui, non ha dimenticato l’Ucraina, semplicemente si è abituato ai suoi orrori quotidiani.

L’ex tennista fa riferimento anche alla politica internazionale, sottolineando come "da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, abbiamo perso uno dei nostri principali alleati." Una dichiarazione che evidenzia il legame indissolubile tra le dinamiche geopolitiche e la vita quotidiana degli ucraini. Stakhovsky sostiene che senza il supporto degli Stati Uniti, la situazione per l’Ucraina è diventata ancora più complessa, con l’Europa che cerca di colmare un vuoto pericoloso.

Quando la guerra è iniziata, tutti dicevano che Kiev sarebbe caduta in tre giorni e tutta l’Ucraina in due settimane. Sono passati tre anni,” aggiunge Stakhovsky, illustrando la resilienza nazionale di fronte a previsioni che si sono rivelate fallimentari. La guerra ha trasformato la percezione di "vittoria" in un concetto relativo, dove semplicemente mantenere il paese unito è visto come un grande traguardo.

“L’essere umano si abitua a tutto,” osserva, riflettendo sulla difficile realtà che vivono ogni giorno gli ucraini. La normalità di bombe e droni ha influenzato le loro vite e, con una pragmatica determinazione, Stakhovsky riconosce che, oltre all’orrore, c’è una lotta continua per proteggere ciò che è giusto e buono.

In un’epoca in cui le notizie possono passare nel dimenticatoio, la voce di Sergiy Stakhovsky rimane un richiamo forte e chiaro. “Se tutte le persone che hanno scelto di difendere l’Ucraina dicessero ho fatto la mia parte, me ne vado, chi la difenderebbe?” Una domanda che sottolinea l’importanza della comunità e della responsabilità condivisa in un momento critico della storia ucraina.