
Minori, la Cassazione stabilisce: “I fatti contano più della psicologia”
ROMA – In una recente ordinanza, la Cassazione ha affermato un principio di fondamentale importanza nel diritto di famiglia: “Nel processo si giudicano i fatti, la psicologia non fa sentenza.” L’ordinanza 4595, emessa il 13 marzo 2025, ha respinto un procedimento civile in cui l’affido di due fratelli minori era stato deciso sulla base di una consulenza tecnica che etichettava la madre come ‘ostativa-alienante’, evidenziando un errore grave nell’approccio utilizzato.
La sentenza si pone come una netta critica verso la prassi di ricorrere unicamente a diagnosi psicologiche per determinare l’idoneità genitoriale. “Non è possibile far discendere dalla diagnosi di una patologia…una presunzione di colpevolezza o inadeguatezza della funzione genitoriale,” sottolinea la Cassazione, rimarcando così l’importanza di un’analisi completa e oggettiva.
La mancata attenzione ai minori
La questione ha origine da un caso in cui un padre con affido condiviso dei figli aveva presentato ricorso per il mancato rispetto dei diritti di visita stabiliti durante la separazione. La madre, da parte sua, aveva richiesto l’affido esclusivo, avanzando accuse di violenza. Tuttavia, i bambini, in particolare il maggiore di 12 anni, avevano espresso timori e segnalato violenze subite; ma i giudici non li hanno ascoltati. Il Tribunale, infatti, ha proceduto a un’affidamento ai servizi sociali senza considerare adeguatamente le testimonianze dei minori.
La Cassazione ha rimarcato che “l’ascolto diretto del giudice e l’ascolto mediante consulenza non sono equivalenti.” In questo caso, sarebbe stato fondamentale considerare e motivare il mancato ascolto deliberato del 12enne, evidenziando un’importante omissione da parte della Corte d’Appello.
Critiche alla consulenza tecnica d’ufficio
In un’analisi puntuale, i giudici hanno espresso feroci critiche nei confronti della consulenza tecnica d’ufficio, che definiva la madre con termini come “simbiotica” e sosteneva l’idea che questo fosse sufficiente per definirla inidonea come genitore. “Questo non basta a definire inidonea una madre,” afferma la Cassazione, evidenziando come in simili casi sia indispensabile un’attenta verifica della veridicità dei comportamenti pregiudizievoli per il minore, basandosi su mezzi di prova solidi.
Un passo importante nella tutela dei diritti dei minori
Questa storica ordinanza rappresenta un passo significativo nella lotta contro l’abuso delle diagnosi psicologiche nei procedimenti di affidamento. Sottovalutare o non considerare la violenza domestica èun errore grave che può avere conseguenze devastanti per i minori coinvolti. La Cassazione, richiamando l’attenzione su tali omissioni, ha dato un chiaro segnale: le sentenze devono essere fondate su prove concrete, non su diagnosi superficiali.
La denuncia di questa prassi è stata recentemente ribadita in una conferenza stampa organizzata dalla deputata Stefania Ascari, dove è emersa l’indignazione per i numerosi casi di violazione dei diritti dei minori, enfatizzando il bisogno di riformare un sistema giudiziario che spesso ignora le voci di coloro che dovrebbero essere protetti.
Adesso, il caso torna in Corte d’Appello a Bologna, dove verrà finalmente data voce alle verità dei minori, ponendo così un nuovo focus sui diritti e la protezione di coloro che sono più vulnerabili: i bambini.