
La strage quotidiana dei detenuti: un altro suicidio ad Avellino, sono 24 da inizio anno
AVELLINO – La situazione nelle carceri italiane continua a farsi sempre più allarmante. Ieri, un detenuto di 48 anni, tossicodipendente e di origini campane, si è suicidato nel carcere di Avellino. Un tragico episodio che non è isolato, come denunciato da Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria (Spp). “Negli ultimi otto giorni, abbiamo registrato sei suicidi, due a Verona e uno a Foggia, per un totale di 24 dall’inizio dell’anno,” ha affermato Di Giacomo, sottolineando che questa drammatica tendenza potrebbe portare a superare il record del 2024, l’anno più nero con 91 suicidi registrati.
“Morire in carcere non può essere derubricato ad evento ordinario,” ha proseguito il segretario, evidenziando l’urgenza di affrontare una crisi che colpisce sempre più detenuti. Ma chi sono i detenuti che decidono di porre fine alla loro vita? Di Giacomo ha tracciato un identikit inquietante: “Si tratta di persone sempre più giovani, con un’età media che si è abbassata sotto i 35 anni, e con crescenti problemi mentali.” Questo è confermato da un aumento del 40% nei suicidi tra detenuti con disagio psichico, molti dei quali non avrebbero dovuto trovarsi in contesti carcerari.
Inoltre, il segretario ha segnalato un aumento preoccupante tra i tossicodipendenti, che rappresentano un terzo della popolazione carceraria, e tra gli stranieri, in particolare quelli di origine nordafricana. “Le carceri come Modena, Verona, Napoli Poggioreale, Firenze Sollicciano, Palermo Pagliarelli e Foggia sono quelle dove i decessi sono più numerosi,” ha affermato Di Giacomo, chiedendo un intervento immediato per migliorare le condizioni all’interno degli istituti.
“È fondamentale attuare un piano di supporto psicologico,” ha aggiunto, con la necessità di garantire la presenza di psicologi, psichiatri e mediatori culturali all’interno delle carceri. La mancanza di comunicazione tra il personale e i detenuti influisce profondamente sulla salute mentale degli stessi, rendendo evidente la necessità di un approccio più umano e attento.
Il sindacato ha proposto, da tempo, l’apertura di sportelli di aiuto psicologico in ogni struttura penitenziaria, assieme a corsi di formazione e attività lavorative per i detenuti, in particolare per gli extracomunitari. Alcune associazioni di volontariato si uniscono a questo appello, parlando di un necessario “sussulto umanitario” per affrontare una crisi che sembra essere sfuggita di mano.
Di Giacomo ha chiuso il suo intervento richiamando la responsabilità dello Stato nella custodia dei detenuti: “L’emergenza ha superato il limite, lo Stato non riesce a garantire la vita di chi ha in custodia, e questo include anche il personale penitenziario,” ha ammonito. “Esistono misure alternative che favoriscono il reinserimento nella società, non come concessioni buoniste, ma come un vero dovere costituzionale.” Servono strumenti e finanziamenti mirati, nonché una collaborazione attiva tra enti locali e amministrazione penitenziaria per dare un futuro migliore a chi vive dietro le sbarre.