
Gaza: Una crisi umanitaria senza precedenti dopo 48 giorni di assedio
Roma – La situazione a Gaza continua a deteriorarsi drammaticamente, con un assedio che si protrae da 48 giorni e la chiusura totale di ogni supporto vitale, inclusa l’acqua potabile. “A Gaza, la fame e la sete hanno raggiunto livelli estremi. Ogni giorno che passa, tutto peggiora”, dichiara Sami Abu Omar, operatore umanitario dell’Associazione di cooperazione e solidarietà (Acs), che cerca di alleviare le sofferenze della popolazione attraverso una cucina da campo e la fornitura di internet gratuito, sostenuto dalle donazioni della campagna ‘100×100 Gaza’.
Dall’1 marzo, data di conclusione della prima fase del cessate il fuoco, Israele ha ripristinato la chiusura dei valichi di frontiera, aumentando la pressione su Hamas a scapito della popolazione civile. Nonostante le aspettative, le successive fasi dell’intesa non sono mai state avviate. In seguito alla ripresa delle operazioni militari il 18 marzo, il numero delle vittime è schizzato a quasi 51 mila, con 1.700 decessi riportati solo negli ultimi colpi assestati. Nell’ultimo raid, avvenuto oggi, sono state confermate 23 vittime.
Abu Omar rivela una realtà terribile: “In un anno e mezzo, intere famiglie sono state cancellate. Recentemente, una famiglia di dieci persone è stata sterminata mentre dormiva in una tenda.” La gravità della situazione è confermata da fonti indipendenti, come Al Jazeera, che ha riportato un attacco su una ‘zona sicura’ a Khan Younis, rendendo impossibile l’assistenza ai sopravvissuti. “Il genocidio continua”, afferma Abu Omar, dichiarando che città come Rafah, un tempo con una popolazione di 350.000 abitanti, sono state completamente distrutte.
Le motivazioni di Israele per le operazioni militari sono collegate agli attacchi di Hamas e alla sicurezza della propria popolazione, tuttavia, la popolazione di Gaza è ostaggio di un embargo totale di beni e servizi essenziali. “A Gaza gli aiuti umanitari non entrano”, ha ribadito il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, definendo il blocco come uno strumento per esercitare pressione su Hamas. Recentemente, delle sei operazioni coordinate con l’Onu per la consegna degli aiuti, solo due hanno avuto successo; quattro sono state negate senza spiegazioni chiare, sollevando preoccupazioni internazionali.
La scarsità di cibo è ora allarmante. “La carne non esiste più e i prezzi dei generi alimentari sono diventati insostenibili”, avverte Abu Omar. I costi di prodotti come pomodori, patate e cipolle sono schizzati a cifre vertiginose, rendendo impossibile per molti soddisfare anche le necessità più basilari. La vita quotidiana è stata devastata: scuole, università, e uffici governativi sono stati bombardati, e il sistema sanitario è al collasso a causa della mancanza di medicinali e di elettricità, quest’ultima disponibile solo per poche ore al giorno.
Mentre i colloqui per un nuovo cessate il fuoco sono ripresi, Hamas ha respinto la proposta israeliana di disarmo completo. La situazione evolve rapidamente, ma la sofferenza della popolazione civile sembra destinata a continuare. “È una battaglia per la sopravvivenza quotidiana in condizioni disumane,” conclude Abu Omar, evidenziando le estreme difficoltà e la lenta agonia di un popolo in crisi.