Papa Francesco sfida la sicurezza in un quartiere di guerra | La visita che ha cambiato Bangui per sempre

Papa Francesco e la Visita in Moschea: Un Simbolo di UnitĂ  per Bangui

ROMA – La visita di Papa Francesco nella Repubblica Centrafricana nel novembre 2015 rappresenta un momento cruciale nella storia recente di un Paese lacerato dai conflitti. Monsignor Aurelio Gazzera, missionario e vescovo coadiutore di Bangassou, ricorda con vividezza quel giorno, quando il Papa, senza alcuna protezione, sfidò i rischi e le raccomandazioni di sicurezza per visitare la moschea di Koudoukou a Bangui.

“Arrivò nello stadio Barthelemy Boganda dopo aver incontrato i rappresentanti della comunità musulmana nella moschea di Koudoukou; lui ci andò a bordo di un pick-up, senza alcuna protezione”, racconta Gazzera, evidenziando il coraggio di Bergoglio in un contesto estremamente teso.

Un Paese Diviso

Quando Francesco giunse a Bangui, la capitale era segnata da uno scontro tra due fazioni: la Séléka, composta in gran parte da musulmani, e gli Anti-Balaka, principalmente cristiani. “È un tempo difficile, pieno di timori”, continua Gazzera, evidenziando la situazione precaria in cui si trovava la città, con aree inaccessibili e la costante minaccia di attacchi.

“Il viaggio invece ci fu”, sottolinea Gazzera, chiarendo l’importanza di questa visita in un momento di crisi per il Paese. La presenza del Papa rappresentava una luce di speranza in un contesto drammatico.

La Visita alla Moschea

Nella moschea di Koudoukou, Francesco si dedicò a momenti di riflessione, rivolto verso la Mecca, e ribadì il messaggio di coesistenza pacifica tra le diverse fedi. “I cristiani e i musulmani, i membri delle religioni tradizionali, hanno vissuto in modo pacifico insieme durante molti anni”, affermò il Papa, accogliendo un dono da parte degli imam: una tavoletta con un verso del Corano che citava l’amore tra le persone.

Un Momento di Speranza

La fase successiva del viaggio portò il Papa allo stadio Boganda, dove si respirava un’aria di festa. “A un certo punto cominciammo a sentire delle urla e pensammo che fosse giunto Francesco; in realtà era l’imam Oumar Kobine Layama, il quale, insieme ad altre figure religiose, aveva creata la Piattaforma per la riconciliazione del Centrafrica.

“La gente cominciò a esultare e fu allora che ci rendemmo conto che qualcosa era davvero cambiato,” ricorda Gazzera. Quella giornata culminò in una celebrazione vibrante, con una messa africana che unì le comunità e generò un’atmosfera di gioia collettiva.

Conclusione

La visita di Papa Francesco non è stata solo un viaggio pastorale, ma un atto simbolico di unità e speranza per un Paese in conflitto. Come osserva Monsignor Gazzera, “Per la Repubblica centrafricana, il Papa è stato molto importante perché il suo arrivo coincise con uno dei molteplici conflitti… e dai quali non si riusciva ad uscire.” Un messaggio chiaro: in un mondo diviso, la fede e la solidarietà possono essere strumenti di riconciliazione e pace.