
La stretta dell’Ungheria sui Pride: 17 Paesi Ue si oppongono, ma l’Italia si astiene
BRUXELLES – Diciassette Paesi membri dell’Unione Europea, tra cui Francia e Germania, hanno espresso una forte preoccupazione per l’emendamento alla Costituzione ungherese, introducendo nuove restrizioni legislativa che colpiscono direttamente la comunità Lgbtqi+. Questi sviluppi si sono concretizzati durante il Consiglio Ue Affari generali attualmente in corso, dove è emersa con chiarezza l’assenza dell’Italia tra i firmatari di un appello collettivo.
Durante le discussioni, il governo ungherese, rappresentato dal suo ministro, sarà interpellato sulle conseguenze che tali misure potrebbero avere sul rispetto dello stato di diritto in Ungheria. Secondo il documento diramato, le attuali iniziative legislative sono in contrasto con “i valori fondamentali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani", come stabilito nell’articolo 2 del Trattato dell’Unione Europea.
Tra le misure più controverse spicca l’emendamento costituzionale che afferma il primato del diritto dei bambini a un corretto sviluppo fisico, intellettuale e morale, sul quale il governo potrebbe giustificare sanzioni contro le manifestazioni del Pride, che si intendono vietare. Questa modifica offrirebbe anche un pretesto per l’uso del riconoscimento facciale come metodo di controllo per punire i partecipanti a tali eventi.
Il governo ungherese ha recentemente presentato anche un progetto di legge volto a limitare la libertà di espressione, consentendo alle autorità di registrare in una lista le organizzazioni non governative e i mezzi di informazione finanziati dall’estero, considerati una minaccia alla sovranità nazionale. Le proposte includono il congelamento di finanziamenti per le organizzazioni coinvolte e severe sanzioni nel caso in cui i fondi continuino a provenire dall’estero.
I Paesi firmatari dell’appello hanno esortato l’Ungheria “a modificare le misure per garantire i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti i cittadini.” Inoltre, si è richiesto alla Commissione Europea di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per garantire che tali legislazioni vengano riviste, sottolineando che “rispettare e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali, comprese quelle delle persone Lgbtqi+, è essenziale per far parte della famiglia europea.”
Questa situazione segna un ulteriore capitolo nelle tensioni tra l’Ungheria e le altre nazioni europee, evidenziando il dilemma di come sostenere i diritti umani universali in un’Unione che è stata spesso vista come un baluardo contro le politiche discriminatore. Resta da vedere come reagiranno i governi e la società civile di fronte a queste nuove misure.