
Martina uccisa a 14 anni: la sociologa Tota denuncia un modello tossico
Roma – La tragica morte di Martina, una ragazza di appena quattordici anni, ha acceso un acceso dibattito su un tema drammaticamente attuale. Uccisa dal suo giovanissimo fidanzato, il caso ha scosso l’opinione pubblica, ma non ha completamente sorpreso. La sociologa Anna Lisa Tota, prorettrice vicaria dell’Università Roma Tre e membro dell’Associazione italiana sociologi, ha fornito alcune riflessioni significative sulla questione.
“Il caso di Martina è un ‘figlio sano’ della società patriarcale”, afferma Tota, sottolineando che non si tratta di un evento isolato. Secondo la sociologa, l’atto violento non può essere etichettato come un raptus o un momento di follia, ma è piuttosto il riflesso di un “modello tossico che si tramanda attraverso le generazioni”. La narrazione storica delle violenze, inclusa quella in ambito amoroso, spesso è alimentata da una cultura patriarcale che minimizza le esigenze emotive e i diritti delle donne.
“Martina ha esercitato il suo sacrosanto diritto di entrare e uscire da una relazione”, continua Tota. “Questo dovrebbe essere un comportamento normale, ma per il suo fidanzato era inaccettabile.” La giovane ha trovato, dunque, la morte in seguito a una reazione devastante di gelosia e possesso. La sociologa mette in guardia che i rapporti basati su tali presupposti devono essere contestati e ristrutturati.
“Non possiamo più tollerare questa dinamica”, avverte Tota. Per contrastare questa subcultura, è fondamentale l’impegno collettivo di tutta la società. "Conteremo ancora vittime se non ci mobilitiamo."
La sociologa lancia un appello urgente: “È necessaria una mobilitazione che coinvolga famiglie, scuole, università, media e sport nelle strategie educative…” Solo così si potrà sperare di scardinare un modello che porta alla violenza e alla perdita di vite umane.
Tota chiude con una forte dichiarazione: “Dobbiamo lavorare tutti insieme per garantire un futuro in cui la morte di giovani come Martina non sia più una possibilità. La società deve mettersi in moto, altrimenti continueremo a contare le vittime.”
Questa frase riassume la gravità della situazione, invitando tutti a riflettere su come le proprie azioni quotidiane possano contribuire a un cambiamento reale. La speranza, afferma, è che si possa costruire un contesto sociale più equo e giusto, lontano dalle dinamiche tossiche che hanno portato a questo ennesimo lutto collettivo.