I morti a Gaza potrebbero essere tre volte di più: cosa ci nascondono i dati ufficiali?

I morti a Gaza non sono 55.000. Sono almeno il triplo

Un nuovo studio dell’Università di Harvard rivela che le stime ufficiali sui morti a Gaza sono notevolmente sottovalutate, suggerendo che il numero reale potrebbe essere almeno il triplo. Nella Striscia di Gaza, infatti, sarebbero scomparse decine di migliaia di persone, molto oltre i 54.981 deceduti dichiarati dal ministro della Salute locale.

Il rapporto, intitolato "The Israeli/American/Ghf ‘aid distribution’ compounds in Gaza: dataset and initial analysis of location, context, and internal structure", analizza dati e mappe fornite dall’esercito israeliano. Sorprendentemente, queste informazioni vengono utilizzate per determinare la quantità di aiuti da distribuire tramite la Gaza humanitarian foundation (Ghf), un consorzio statunitense nominato a gestire la distribuzione in sostituzione delle ONG locali e dei meccanismi delle Nazioni Unite.

L’esercito israeliano riporta che a Gaza attualmente risiedono circa 1,85 milioni di persone, ma le stime della popolazione oscillano tra i 2,1 milioni e i 2,3 milioni. Questo porta a interrogarsi non solo sulla veridicità dei dati ufficiali, ma anche sulla situazione disperata di coloro che potrebbero non ricevere aiuti vitali.

Dal 7 ottobre 2023, data di inizio dei conflitti intensificati, il ministero della Salute ha riportato quasi 55.000 morti e 11.000 dispersi, mentre l’Ufficio di Statistica palestinese stima che oltre 100.000 abitanti siano fuggiti verso il vicino Egitto. Incrociando questi dati, emergono discrepanze allarmanti: potrebbero risultare mancanti all’appello oltre 284.000 individui.

Il professor Luigi Daniele, specializzato in Diritto internazionale presso l’Università Trent di Nottingham, afferma che anche se la popolazione fosse inferiore a 2,1 milioni, il numero delle vittime potrebbe comunque superare le 150.000, costruendo il quadro di una catastrofe umanitaria inenarrabile. Le persone scomparse potrebbero infatti non essere state contabilizzate e potrebbero trovarsi in altre aree della Striscia che non ricevono aiuti.

Alex De Waal, direttore della World Peace Foundation, aggiunge un’ulteriore dimensione al problema, sottolineando che i palestinesi di Gaza vivono sotto un assedio che limita ogni accesso a cibo e risorse. L’assenza di aiuti internazionali e la chiusura dei confini portano a un quadro di carestia in cui la mortalità è peculiare. Il rapporto tra vittime dirette e indirette in simili crisi è generalmente di circa 2:1, e in questo caso Daniele stima il rapporto a un minimo di 3:1, il che potrebbe tradursi in 180.000 vittime indirette, escluse quelle già registrate.

La gravità della situazione è amplificata dal fatto che in Gaza non ci sono alternative per la sopravvivenza: l’uscita dalla Striscia è praticamente impossibile e, a differenza di altre crisi umanitarie globali, nessun aiuto esterno può garantire un supporto reale. "La disponibilità alimentare non è un indicatore affidabile dei livelli di fame", afferma De Waal, evidenziando che le famiglie sono completamente isolate.

In conclusione, la pubblicazione dell’università di Harvard solleva interrogativi critici sulla trasparenza delle fonti ufficiali e sul destino di centinaia di migliaia di individui a Gaza. Con le stime sui morti che crescendo sempre di più, il mondo è chiamato a un’attenzione urgente e a una risposta significativa a questa crisi umanitaria in corso.