Le shockanti rivelazioni dei soldati sul campo: sparare ai civili diventa un ‘gioco’ mortale | È davvero possibile che tutto ciò avvenga senza conseguenze?

“Ci hanno ordinato di sparare ai civili, come in ‘un, due, tre… stella!’”: le indagini inquietanti dei soldati israeliani

ROMA – Un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz ha portato alla luce testimonianze scioccanti di soldati israeliani che operano vicino ai centri della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), rivelando un clima di violenza sistematica e premeditata contro la popolazione civile. “Ci hanno ordinato di sparare ai civili, come in ‘un, due, tre… stella!’” è la triste e agghiacciante descrizione di un soldato che spiega la realtà di chi cerca disperatamente aiuto in una situazione di crisi alimentare.

I soldati stessi descrivono la loro attività come un gioco perverso, dove il movimento equivale a morte certa. “Ogni giorno venivano uccise da una a cinque persone”, racconta un militare, sottolineando che le vittime vengono trattate come una “forza ostile”, senza alcuna distinzione o misura di controllo. L’uso di fuoco vivo contro i civili è una prassi, e i soldati riferiscono di non aver mai subito attacchi di ritorno, poiché la popolazione non è armata.

L’inchiesta ha messo in luce ordini chiari da parte dei superiori: “Sparare per disperdere, uccidere non è un problema”, afferma un altro soldato. Queste parole risuonano inquietanti, specialmente considerando che, dal 27 maggio, il Ministero della Salute di Gaza ha registrato 549 morti e oltre 4.000 feriti nei pressi dei centri di soccorso.

La GHF, attivata recentemente sotto una collaborazione opaca tra Israele e enti privati, è diventata il teatro di queste stragi. Gli eventi di distribuzione aiuti durano solo un’ora al giorno, e chi si presenta prima o si attarda dopo la chiusura viene “disperso” a colpi d’arma da fuoco. La violenza nella regione è diventata così routine da essere normalizzata. “Uccidere innocenti è stato normalizzato,” confessa uno dei soldati, rivelando la disumanizzazione della popolazione palestinese.

Il generale di brigata Yehuda Vach, noto per le sue operazioni aggressive, è al centro delle testimonianze, descritto come l’artefice di una politica di apertura del fuoco indiscriminata. Una settimana fa, otto civili, tra cui dei bambini, sono stati uccisi a un incrocio mentre aspettavano aiuti umanitari. La triste verità è che “quelle persone non rappresentavano alcuna minaccia”.

Inoltre, si scopre che gli appaltatori privati, incentivati da misure economiche, demolirebbero abitazioni per guadagnare, creando un ciclo di violenza in cui le vite umane perdono valore. “Ogni volta che spariamo, ci sono vittime e morti”, ripete un riservista, evidenziando l’impotenza di fronte a un sistema in cui non c’è giustificazione per la violenza.

In un contesto geopolitico già estremamente delicato, queste rivelazioni non possono passare inosservate. Il messaggio che arriva dal comando è chiaro: “A Gaza non ci sono civili”. La società deve riflettere su queste verità scomode e affrontare una realtà in cui i diritti umani vengono sistematicamente violati.