
Israele, la drammatica richiesta delle famiglie degli ostaggi: “Siamo morti che camminano”
Mentre la diplomazia internazionale tenta di mediare un cessate il fuoco tra Israele e Hamas, le famiglie di due ostaggi prigionieri nella Striscia di Gaza hanno deciso di rendere pubblici dei video strazianti. Uno di questi testimonia la disperazione e la sofferenza di chi vive in attesa della liberazione.
Il breve filmato di 44 secondi mostra Maxim Herkin, appoggiato contro un muro e con la mano fasciata, accanto a Bar Kuperstein. “Siamo morti che camminano”, è la frase che riecheggia e colpisce profondamente nel contesto di dolore e angoscia. Il video è un estratto di un filmato più lungo, rilasciato da Hamas ad aprile, ma le famiglie ha scelto di divulgarlo ora per fare pressione sul governo di Tel Aviv.
L’obiettivo è chiaro: ottenere il rilascio immediato dei circa 50 ostaggi, che da 21 mesi vivono nella paura e nell’incertezza della detenzione in Gaza, e non più in “tranche” come avvenuto in passato. Le famiglie, attraverso il Forum degli ostaggi, cercano di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, in mezzo a un clima di crescenti critiche alla gestione del conflitto da parte del premier Netanyahu.
Nel kibbutz di Nir Oz, una delle comunità più colpite dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, si è scatenata una protesta. Qui, circa 1200 persone, tra civili e militari, hanno perso la vita, e 76 residenti sono stati rapiti. «È insostenibile vivere in questa costante paura», affermano i cittadini, stanchi della situazione attuale.
Un’immagine toccante arriva da Nir Oz, in cui le sorelle Emma e Yuli Cunio spengono le candeline del loro quinto compleanno. Le gemelline, rapite insieme ai genitori e allo zio Ariel, sono state liberate insieme alla madre, Sharon Aloni Cunio, nel novembre 2023. Purtroppo, il padre David e lo zio Ariel sono ancora prigionieri.
Sharon, pubblicando la foto che ritrae le sue figlie, fa un accorato appello: “L’ultima volta che David ha visto le sue figlie, avevano solo tre anni. Non sono più le stesse bambine che conosceva. Rivolgo un appello a ogni cittadino israeliano: condividete la foto e unitevi a noi nel chiedere il ritorno a casa di David e di tutti gli ostaggi”.
Le parole delle famiglie degli ostaggi risuonano come un grido disperato in un mondo afflitto da conflitto. In attesa di un cambiamento, continueranno a lottare, sperando in un futuro migliore per i loro cari.