
Eutanasia in Discussione alla Corte Costituzionale: Il Caso di “Libera”
FIRENZE – Per la prima volta, la Corte Costituzionale italiana affronta il tema dell’eutanasia. Questo avvenimento storico si è verificato durante un’udienza in cui si è discusso del coinvolgimento diretto di un medico nella somministrazione del farmaco letale a un paziente. La Corte, negli ultimi sette anni, si era espressa in diverse occasioni sul tema del fine vita, ma mai prima d’ora aveva trattato il caso di un’assistenza attiva per la morte.
Il protagonista di questo caso è “Libera”, un nome di fantasia scelto per tutelare la privacy di una donna toscana di 55 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, che vive in uno stato di completa paralisi e dipende da trattamenti di sostegno vitale per la sua esistenza. La situazione di Libera è stata già verificata dalle autorità sanitarie, che hanno confermato che soddisfa tutti i criteri per accedere al suicidio assistito, secondo le norme stabilite dalla Corte.
Nonostante le verifiche, il dramma di Libera è che non ha la capacità fisica di assumere autonomamente il farmaco letale. È immobilizzata e ha rifiutato la sedazione profonda per poter essere lucida e consapevole fino alla fine. Per questo motivo, ha intrapreso un percorso legale, aiutata dalla sua avvocatessa Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni. Il loro obiettivo è ottenere un permesso che autorizzi il medico di fiducia a somministrarle il farmaco, superando l’ostacolo legale rappresentato dall’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente.
Il tribunale di Firenze, in una recente udienza, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale riguardo a questa norma. Questo sviluppo è cruciale, poiché l’attuale legge impedisce ai medici di assistere direttamente i pazienti nel processo di eutanasia, portando a una discriminazione intollerabile nei confronti di persone come Libera, che desiderano esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.
“La richiesta non è di annullare l’articolo 579 del codice penale, ma di interpretarlo nel rispetto dei principi costituzionali”, afferma Gallo. “Non si tratta di riconoscere un diritto speciale, ma di garantire che la libertà di scelta di una persona non venga annientata dalla sua condizione fisica”. Secondo lei, la Corte Costituzionale ha ora l’opportunità di colmare un vuoto legislativo che produce discriminazione, in attesa di una legge che rispetti appieno il diritto di ogni individuo di decidere su come vivere e morire.
Le prossime settimane saranno cruciali, poiché la Corte deve decidere non solo sulla legittimità della norma, ma anche sulla questione più ampia del diritto all’eutanasia in Italia. La sentenza potrebbe segnare un cambiamento significativo nel dibattito legislativo su un tema delicato e complesso, influenzando sia le vite di molti italiani che il futuro della legislazione sul fine vita nel nostro paese.