Aumento della cedolare secca al 26% | Un colpo mortale per il ceto medio italiano?

Affitti brevi: la stangata fiscale colpisce il ceto medio, scoppia la protesta delle piattaforme

ROMA – La recente riforma dell’imposizione sugli affitti brevi ha suscitato forti reazioni nel settore immobiliare. La notizia che il governo confermerà l’aumento dell’aliquota della cedolare secca dal 21% al 26% per chi affitta attraverso piattaforme digitali come Airbnb, Vrbo e Booking ha creato un’ondata di indignazione tra gestori e operatori del settore. Contrariamente alle rassicurazioni del Ministro Matteo Salvini, le nuove disposizioni fiscali si configurano come un severo colpo per il ceto medio, già alle prese con le difficoltà economiche.

Una legge che penalizza chi usa le piattaforme online

Il testo del Disegno di legge di bilancio, approvato dalla Ragioneria dello Stato, chiarisce che l’aliquota agevolata al 21% continuerà a essere applicata solo a chi gestisce autonomamente una singola unità immobiliare, senza l’ausilio di intermediari digitali. Per gli affitti effettuati tramite portali online, l’aumento al 26% risulta confermato, traducendosi in un aggravio fiscale significativo anche per coloro che affittano più di un immobile.

L’Associazione italiana gestori affitti brevi (Aigab) ha stigmatizzato la norma, definendola una “patrimoniale mascherata”. Secondo Aigab, la stragrande maggioranza degli immobili attualmente disponibili per l’affitto breve passa praticamente dai portali online, rendendo l’aumento dell’imposta un pesante fardello per molte famiglie italiane.

Dati allarmanti per i proprietari di case

Aigab ha calcolato che l’aumento dell’aliquota comporterebbe per una casa media un incremento della cedolare annua di 1.300 euro, portando la pressione fiscale complessiva dal 46% al 52%. Questo scenario non solo impovererebbe molte famiglie, ma rischierebbe di spingere alcuni proprietari a gestire in nero le loro locazioni.

Simile disagio è stato espresso anche dalla Federazione associazioni ricettività extralberghiera (Fare), che ha descritto la nuova legge come una misura punitiva nei confronti della piccola proprietà immobiliare. Fare ha messo in guardia sul fatto che questa normativa avvantaggerebbe i grandi investitori immobiliari, spesso stranieri, ai danni dei proprietari locali.

Airbnb si schiera a difesa della classe media

Anche Airbnb ha lanciato un appello, definendo l’aumento delle tasse una penalizzazione della classe media italiana. La piattaforma ha sottolineato come per la maggior parte degli host la locazione breve non rappresenti un’attività professionale, ma un modo per integrare il reddito della famiglia.

Il sostegno a favore dell’aumento da parte del Sunia

Tra le innumerevoli proteste, c’è però chi sostiene l’aumento dell’aliquota: il Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnatari (Sunia) ha espresso il proprio favore, definendo l’incremento al 26% come “doveroso” e avvertendo che sarebbe paradossale se il governo decidesse di retrocedere. Sunia ha sottolineato la necessitĂ  di affrontare con urgenza l’emergenza abitativa, esprimendo una netta insoddisfazione per la mancanza di interventi strutturali sulla questione.

In conclusione, la trasformazione delle politiche fiscali sugli affitti brevi sta vivendo un momento cruciale. Le reazioni delle varie associazioni evidenziano la complessità del tema e la necessità di cercare un equilibrio tra l’esigenza di tassare adeguatamente il settore e la salvaguardia degli interessi dei piccoli proprietari. La strada per la risoluzione di questa controversia appare ancora lunga e tortuosa.