L’Ultima Lettera di Adriano: "Bevo perché ho un buco nell’anima"
Adriano, l’ex Imperatore dell’Inter, ha condiviso una lettera toccante con il pubblico attraverso The Players’ Tribune, rivelando le profonditĂ della sua lotta contro l’alcolismo e le sofferenze che lo hanno portato a una spirale discendente. Questo scritto si presenta come una sorta di confessione, in cui il calciatore, famoso per il suo straordinario talento sul campo e per la sua vicenda umana segnata da tragedie personali, cerca di far luce sulla sua esistenza.
“Quando è morto mio padre, è tutto finito” afferma Adriano, sottolineando il vuoto che la perdita del genitore ha lasciato nella sua vita. La lettera si apre con il racconto del suo arrivo in Italia, dove veniva acclamato dai tifosi come "L’Imperatore". Con nostalgia, ripensa ai compagni di squadra, ai momenti di gioia e gloria, ma chiarisce che tali ricordi sono stati compromessi da un dolore profondo e duraturo.
Adriano descrive con emozione il suo fervore per il calcio, un amore instillato dai valori familiari. “Amavo il calcio, perché lo amava lui”, riferendosi al padre. L’inaspettata morte dell’uomo ha segnato un punto di non ritorno, immergendolo in una depressione che ha ostacolato la sua carriera e la sua vita quotidiana. “Ero in Italia, dall’altra parte dell’Oceano, lontano dalla mia famiglia e non ce l’ho fatta”, ammette, rivelando la sua incapacità di affrontare la solitudine e il dolore.
Un aspetto centrale della lettera è la descrizione di un “buco nell’anima” che si è formato in seguito alla tragedia. “Non tutti gli infortuni sono fisici”, spiega, paragonando la sua condizione a un infortunio atletico. La paralizzante perdita di un genitore lo ha reso vulnerabile e ha alterato la sua percezione di sé e della vita. “Quando mio padre è morto, è stata la stessa cosa. Solo che la cicatrice era dentro di me”, prosegue, illustrando l’impatto emotivo che lo ha accompagnato nel tempo.
Adriano affronta anche il peso della fama e delle aspettative che derivano dall’essere un calciatore di successo. “Essere L’Imperatore significava avere troppe pressioni”, commenta, rivelando la sua lotta interna tra il desiderio di apparire forte e la fragile realtà della sua vita. Condividendo l’ansia e la tristezza accumulate nel corso degli anni, mette in discussione la rappresentazione che i media hanno dato di lui: “La stampa alle volte non riesce a capire che siamo degli esseri umani”.
La lettera di Adriano, quindi, non è solo un racconto della sua carriera da calciatore, ma un grido di aiuto e un invito a comprendere che dietro la figura di un campione ci sono emozioni, vulnerabilità e una storia di sofferenza. “Ho un buco nella caviglia e uno nell’anima”, conclude, riassumendo la sua vita segnata da successi ma, soprattutto, da profonde perdite.
Con questa lettera, Adriano spera che la sua verità venga finalmente compresa. La sua storia non è solo quella di un calciatore talentuoso, ma di un uomo che ha combattuto con demoni interiori, cercando di trovare una strada verso la luce, un passo alla volta.