Congedo di paternità, Corte di Appello di Brescia chiede intervento della Consulta: “È discriminazione”
BRESCIA – La questione del congedo di paternità in Italia torna al centro del dibattito sociale e legale. La Corte di Appello di Brescia ha fatto richiesta alla Corte Costituzionale di esaminare l’articolo 27-bis del d.lgs. 151/2001, normativa che attualmente permette solo ai padri di usufruire del congedo di paternità obbligatorio. Questa esclusione colpisce le coppie di donne riconosciute come madri dallo Stato, riscontrando una violazione del diritto all’uguaglianza e al divieto di discriminazione per orientamento sessuale, come sancito dal diritto dell’Unione Europea.
Il ricorso di Rete Lenford
L’azione legale è il risultato di un “ricorso collettivo” avviato nel maggio 2023 da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ e sostenuto dalla CGIL Nazionale. L’iniziativa è emersa dopo che l’INPS ha modificato la propria piattaforma informatica, riconoscendo il diritto al congedo parentale per entrambi i genitori, a prescindere dal loro genere. Tuttavia, il Tribunale di Bergamo, pur avendo riconosciuto il diritto al congedo parentale, ha lasciato inalterata l’esclusione riguardo al congedo di paternità, di conseguenza l’INPS ha impugnato tale decisione, portando la Corte di Appello di Brescia a sospendere il processo.
La discriminazione nella normativa
Secondo la Corte bresciana, quando due donne sono ufficialmente riconosciute come madri, "il genitore non biologico è considerato nell’ordinamento interno come secondo genitore equivalente". Negare a questo genitore il congedo di paternità obbligatorio di dieci giorni costituirebbe quindi una chiara discriminazione basata sull’orientamento sessuale, penalizzando le famiglie omogenitoriali rispetto alle famiglie eterosessuali.
Una battaglia per l’uguaglianza
Il presidente di Rete Lenford, avv. Vincenzo Miri, esprime soddisfazione per la decisione della Corte di Appello, sottolineando come la questione dell’uguaglianza nei diritti genitoriali sia cruciale. Miri ha dichiarato: “Confido che anche questa volta l’impegno di Rete Lenford venga premiato, con l’affermazione del principio di uguaglianza a beneficio di tutte le madri lavoratrici.”
Anche Sandro Gallittu, responsabile dell’Ufficio Nuovi Diritti della CGIL, ha commentato l’importanza della decisione, affermando che “si aggiunge un nuovo importante tassello al tentativo di ricostruire la materia dei diritti connessi alla genitorialità liberandoli da impostazioni ideologicamente escludenti.”
Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Appello di Brescia rappresenta quindi un passo significativo nella lotta per i diritti delle famiglie omogenitoriali in Italia. Il riconoscimento della necessità di garantire a tutte le madri lavoratrici gli stessi diritti è un obiettivo che potrebbe apportare importanti cambiamenti nella legislazione italiana. La questione ora sarà presa in esame dalla Corte Costituzionale, che avrà il compito di stabilire se la norma in oggetto sia conforme alla Costituzione e al diritto europeo.