Donne costrette a spogliarsi e a fare squat in Questura | È davvero giusto nel 2025?

VIDEO | Costrette a togliersi le mutande e a fare squat: la denuncia delle attiviste dopo la manifestazione alla Leonardo Spa di Brescia

ROMA – Una manifestazione di protesta pacifica si è trasformata in un episodio controverso e di grande preoccupazione per il rispetto dei diritti umani. Ieri, 23 attivisti di Extinction Rebellion, Palestina Libera e Ultima Generazione sono stati fermati dalla polizia a Brescia, dopo aver espresso il loro dissenso all’interno della Leonardo Spa.

Gli attivisti hanno scelto di incatenarsi, lanciando vernice e innalzando una bandiera palestinese al posto di quella dell’azienda, con l’obiettivo di far luce sulle pratiche belliche di Leonardo, considerata la principale produttrice di armamenti in Europa. “Leonardo è la prima produttrice bellica europea e contribuisce alla morte di migliaia di persone negli attuali conflitti in corso e nel genocidio in Palestina”, ha dichiarato uno dei partecipanti.

Tuttavia, ciò che ha attirato l’attenzione in queste ultime ore non è stata solo la manifestazione, ma le pratiche umilianti subite dagli attivisti in Questura. Una giovane donna ha denunciato tramite un video su social media di essere stata costretta a spogliarsi, togliendosi le mutande e a fare squat per sottoporsi a controlli di sicurezza. “Questo trattamento è stato riservato solo alle donne, non agli uomini”, ha lamentato, sottolineando una evidente disparità di trattamento.

Le autorità hanno accusato gli attivisti di ‘adunata sediziosa’, imbrattamento e pericolose accensioni, e per alcuni di loro è stato predisposto il ‘foglio di via’ da Brescia. “Si conclude così una giornata piena di abusi in divisa che apre una nuova ferita nella gestione del pubblico dissenso in questo Paese,” hanno commentato i rappresentanti dei gruppi coinvolti.

La denuncia delle attiviste non fa che amplificare il dibattito sul diritto al dissenso e sulle modalità di repressione nei confronti di chi si oppone a politiche ritenute ingiuste, in questo caso quelle legate alla produzione di armamenti e al conflitto in Palestina. “Chiederemo giustizia, anche questa volta, affinché il diritto al dissenso venga difeso, onorato e protetto,” hanno concluso gli attivisti, lasciando in sospeso la questione di un tema che continua a dividere l’opinione pubblica in Italia e all’estero.

In un’epoca in cui le manifestazioni pacifiche diventano sempre più uno strumento di lotta sociale, la gestione delle stesse da parte delle forze dell’ordine sarà al centro di un dibattito acceso nei prossimi giorni.