Generale libico Almasri liberato per errore burocratico | L’ombra di un governo impotente?

Caso AlMasri, lo scontro tra il Governo e i magistrati: “Liberato per inerzia del ministro della Giustizia”

Il caso del generale libico AlMasri, recentemente liberato, continua a sollevare un acceso dibattito politico e giudiziario in Italia. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha sostenuto che la scarcerazione di AlMasri non sia stata una scelta del Governo, ma una decisione della magistratura. Tuttavia, questa versione è stata prontamente contestata dall’Associazione Nazionale Magistrati (Anm).

“Almasri è stato liberato per inerzia del ministro della Giustizia”, si legge in una nota ufficiale dell’Anm, che ha messo in luce l’operato dell’attuale Guardasigilli. Secondo l’Associazione, il ministro avrebbe avuto la responsabilità di richiedere la custodia cautelare del generale, in quanto informato delle indagini a suo carico. L’informativa sulla situazione legale di AlMasri era stata fornita già il 19 gennaio dalla polizia giudiziaria e il giorno successivo dalla Corte d’appello di Roma.

Il comunicato dell’Anm prosegue affermando che “il ministro avrebbe potuto e dovuto” agire per garantire il rispetto degli obblighi internazionali, poiché esisteva un mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi da AlMasri nella prigione di Mitiga, in Libia.

La liberazione del generale avvenuta il 21 gennaio, secondo l’Associazione, è avvenuta in un contesto di “scelta politica e nel silenzio” del ministro, il quale sarebbe stato l’unico in grado di richiedere un provvedimento restrittivo. AlMasri, sebbene indagato per crimini gravissimi, è stato quindi riaccompagnato in Libia con un volo di Stato.

“Tanto va detto per amor di verità”, conclude la nota dell’Anm, sottolineando quanto grave sia la situazione e le conseguenze delle decisioni politiche in materia di giustizia.

La controversia sul caso AlMasri mette in evidenza non solo la fragile interazione tra il potere politico e quello giudiziario, ma anche l’urgenza di un intervento più incisivo da parte del Governo italiano nella gestione di questioni internazionali così delicate. La situazione richiede una riflessione profonda sul ruolo e le responsabilità delle istituzioni di fronte a crimini di così grande portata.