Un ex detenuto al carcere di Mittiga denuncia Meloni e i ministri: è allarme diritti umani in Italia? | Scopri cosa si nasconde dietro questa controversa accusa!

Chi è Lam Magok e perché ha denunciato la premier Meloni e due ministri?

Roma – Lam Magok Biel Ruei, un 32enne sudanese, è diventato il volto di una denuncia che ha scosso il governo italiano e ha portato il "caso Almasri" davanti alla Corte penale internazionale. La sua testimonianza, forte e straziante, mette in luce le atrocità subite in Libia, dove è stato detenuto nel carcere di Mittiga, un luogo diventato tristemente famoso per le violenze perpetrate.

Il 29 gennaio, Magok ha avuto l’opportunità di raccontare la sua drammatica esperienza a Montecitorio, in occasione di una conferenza stampa organizzata dalla rete ‘Refugees in Libya’. “La Libia è un inferno per i migranti e i rifugiati”, ha dichiarato, esprimendo il suo dolore per coloro che, come lui, sono stati vittime delle torture inflitte dal generale libico Osama Almasri, attualmente sottoposto a un mandato di arresto internazionale.

Denuncia contro il governo italiano

Sostenuto dall’associazione Baobab Experience e dal legale Francesco Romeo, Magok ha formalizzato la sua denuncia alla Procura di Roma, accusando la premier Giorgia Meloni e i ministri Nordio e Piantedosi di “favoreggiamento”. In un atto di nove pagine, ha fornito dettagli sulle violenze subite e ha sollevato interrogativi inquietanti riguardo la posizione del governo italiano in merito alla libertà di Almasri, rilasciato a Torino e rimpatriato in Libia.

Un grido di giustizia

Parlando del suo percorso, Magok ha sottolineato la frustrazione di chi ha cercato giustizia. “Io sono stato vittima e testimone di queste atrocità…Il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta”, ha affermato, richiamando l’attenzione sull’opportunità perduta di fare giustizia per se stesso e per gli altri migranti subiti violenze simili.

Ricordando le violenze patite, ha raccontato scene terribili: “Almasri mi picchiava con un bastone, una volta mi ha puntato una pistola alla testa”. Ha descritto una prigione in cui i corpi dei compagni venivano portati via dopo essere stati uccisi, e ha denunciato l’inefficienza della giustizia italiana nel confrontarsi con i crimini di guerra perpetrati in Libia.

Un affondo diretto alla premier

Nella sua testimonianza davanti ai deputati, Magok non ha risparmiato critiche dirette alla premier Meloni, chiedendosi “come possa una madre rendersi complice dei crimini di un assassino e torturatore”. Le sue parole hanno colpito il pubblico e hanno avviato un dibattito acceso sulle politiche italiane nei confronti dei migranti e il rispetto dei diritti umani.

La denuncia di Lam Magok non è solo un atto giuridico, ma un appello accorato per la giustizia e la dignità di tutti coloro che, come lui, sono stati lasciati indietro in un sistema che troppo spesso ignora il dolore dei più vulnerabili. La questione ora è nelle mani della Corte penale internazionale e della comunità internazionale, chiamata a rispondere all’urgenza di fermare queste atrocità e garantire che simili crimini non restino impuniti.