Giovani avvocati in crisi | La riforma della giustizia sta distruggendo le loro speranze!

Obiettivi della Riforma forense traditi: Galeani denuncia la situazione dei giovani avvocati

ROMA – “La Riforma dell’ordinamento forense, in vigore ormai da diversi anni, ha ridotto il periodo di pratica forense da 24 a 18 mesi e per i giovani praticanti si tratta di un grosso inganno…”. Così l’avvocato Stefano Galeani, consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ha descritto la situazione dei neolaureati e dei praticanti nel corso di una recente intervista. Secondo Galeani, questa modifica legislativa non ha semplificato l’accesso alla professione, bensì ha creato gravi ostacoli.

“I giovani praticanti,” continua Galeani, “dopo aver superato l’esame si ritrovano senza una pur minima clientela.” Questo fenomeno rappresenterebbe la causa principale di un crescente disinteresse verso la professione legale. “Sembra ci sia una leggera ripresa nelle iscrizioni all’albo, ma credo che questo sia semplicemente dovuto alla mancanza di alternative lavorative”, ha aggiunto.

L’ideale di semplificazione della Riforma, secondo Galeani, non si è tradotto in realtà. “Quando feci io la pratica, dopo un anno ero abilitato a esercitare a mio nome," spiega, “e questo era fondamentale per acquisire clientela e responsabilità.” La capacità di gestire piccole cause, secondo il legale, era il modo migliore per formare un avvocato consapevole e preparato.

Un altro aspetto controverso della Riforma è l’obbligo di iscrizione alle scuole forensi per un ulteriore periodo di formazione. “Dopo aver completato 5 anni di università, i ragazzi devono dedicare altri 18 mesi a una scuola, sottraendo tempo prezioso alla pratica. E tutto ciò a spese dei genitori,” dichiara Galeani, sottolineando la difficoltà economica che ciò comporta. “Se queste scuole ripartono dalla teoria, non servono a nulla se non a far guadagnare chi le gestisce.”

Non meno problematica è la questione dell’iscrizione alla Cassa Forense. “Anche avvocati con 30 o 40 anni di esperienza trovano che i costi siano eccessivi, figurarsi per i giovani,” afferma. Galeani denuncia la mancanza di flessibilità che costringe i nuovi avvocati a pagare un contributo annuale alla Cassa sin dal giorno dell’iscrizione all’Albo, anche se non stanno guadagnando nulla. “Una soluzione più equilibrata sarebbe necessaria, altrimenti molti si vedranno costretti a rinunciare alla professione,” conclude.

In un panorama legale in continua evoluzione, le parole di Galeani mettono in luce le criticità strutturali della formazione degli avvocati in Italia e sollecitano un ripensamento delle misure adottate, affinché possano meglio rispondere alle esigenze dei giovani professionisti.