
A rischio lo Spid gratuito da luglio: cosa cambia
ROMA – Il futuro del Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid) è ora in una fase di incertezza, con la possibilità che a partire da luglio diversi fornitori inizino a far pagare gli utenti per l’attivazione e l’uso del servizio. Questo potrebbe rappresentare una svolta significativa rispetto al modello di gratuità che ha caratterizzato lo Spid fin dalla sua introduzione.
Alla base di queste preoccupazioni ci sono lungaggini burocratiche che hanno bloccato l’erogazione di 40 milioni di euro di finanziamenti pubblici destinati ai fornitori di identità digitale. Secondo quanto riportato da La Repubblica, queste risorse erano già previste in un decreto del 2023, ma sono state sbloccate solo a marzo 2025 senza però essere ancora trasferite ai fornitori.
Già a partire dal 28 luglio, Infocert ha annunciato che introdurrà una tariffa annuale di 5,98 euro per il servizio, dopo ben dieci anni gratuiti. Anche Aruba prevede di iniziare a far pagare gli utenti a partire dal secondo anno di abbonamento. A complicare ulteriormente la situazione, a luglio scade anche la convenzione tra lo Stato e i fornitori di Spid, i quali si troveranno di fronte a una decisione cruciale: continuare il servizio gratuitamente o attivare abbonamenti a pagamento.
Attualmente, PosteID, che è il principale gestore di identità digitali con il maggior numero di profili attivi, non ha annunciato modifiche sui costi, il che potrebbe limitare inizialmente l’impatto su chi utilizza il servizio. Tuttavia, l’incertezza continua a dominare il panorama dell’identità digitale in Italia.
In sintesi, la transizione verso un modello di pagamento potrebbe avere ripercussioni significative per milioni di utenti, che fino ad ora hanno usufruito della comodità e della gratuità del servizio. Con il termine della convenzione e l’assenza di risposte chiare dai principali fornitori, il futuro dello Spid si fa sempre più nebuloso.