Israele verso una nuova guerra? | Solo Netanyahu ci guadagnerĂ !

Nella guerra all’Iran, a vincere è solo Netanyahu

ROMA – Negli ultimi giorni, le tensioni tra Stati Uniti e Iran si sono intensificate, con la portaerei USS Nimitz diretta verso il Medio Oriente. Un contesto complesso che fa eco alle dichiarazioni del presidente Trump, portando a riflessioni critiche da parte dell’analista Andrea Teti, professore di Scienze politiche all’UniversitĂ  di Salerno. Secondo Teti, un eventuale intervento statunitense non avvantagerebbe altro che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

“A parte Netanyahu, non ci guadagnerà nessuno”, afferma Teti, sottolineando come la guerra avviata da Israele non risponda a interessi nazionali ma piuttosto a una strategia politica interna del premier israeliano. “Netanyahu cerca solo di rafforzare il proprio governo e sfuggire ai processi per corruzione”, aggiunge l’esperto. La preoccupazione principale è che gli Stati Uniti, ancora una volta, possano ritrovarsi impantanati in un conflitto lungo e costoso, simile a quelli vissuti in Afghanistan e Iraq.

L’illusione della democrazia

Teti critica la retorica promossa da Washington e Tel Aviv sul rovesciamento del regime degli ayatollah. “Danneggiare un regime bombardando i civili è molto diverso dal sostenere le richieste di libertà e diritti”, evidenzia. Anzi, questo approccio potrebbe rafforzare il consenso interno in Iran, come già osservato in passato a Gaza, dove l’operazione militare del 2023 ha aumentato il supporto verso Hamas tra i palestinesi.

La possibilità di un cambiamento di regime a Teheran, secondo Teti, richiederebbe un’invasione militare di terra da parte degli Stati Uniti. “Israele ha raggiunto la superiorità aerea e missilistica, ma non può sbaragliare le forze armate e di intelligence iraniane”, avverte.

L’analisi militare

Attualmente, l’Iran si trova in una posizione difficile, certa di non poter sostenere un conflitto prolungato senza un appoggio esterno, come quello di Russia o Cina. “L’Iran conduce il conflitto con moderazione, consapevole delle sue limitazioni e della possibilitĂ  di un aggravamento della situazione”. Non ha chiuso lo Stretto di Hormuz, strategico per il transito di una parte significativa del petrolio mondiale, e non ha attaccato posizioni statunitensi, suggerendo una cautela che nega a Washington ogni pretesto per intervenire militarmente.

A chi giova questa guerra?

“A nessuno, tranne che a Netanyahu”, afferma il professore. “Le basi dell’attacco israeliano erano quella di scongiurare la minaccia atomica, ma l’intelligence USA ha confermato che l’Iran non sta cercando armi nucleari”. A ciò si aggiunge che i negoziati per limitare il programma nucleare iraniano erano giĂ  in corso prima che Israele decidesse di assassinare partecipanti ai colloqui, un’azione che contraddice qualsiasi intento pacifico.

Il rischio di una nuova destabilizzazione

Teti sottolinea come, se gli Stati Uniti decidessero di attaccare, il risultato sarebbe comparabile a un ‘Iraq 2’, ma con le complicazioni derivanti dalle dimensioni e dalla popolazione dell’Iran. La destabilizzazione della regione sarebbe inevitabile, specialmente per un paese come l’Iraq, che ha sviluppato un ruolo chiave per gli Stati Uniti contro l’influenza iraniana.

Una chiamata alla democrazia

Infine, Teti torna a richiamare l’importanza della democrazia e i diritti umani. Secondo lui, le nazioni occidentali dovrebbero attuare i principi e valori di cui spesso parlano. “Oggi, in Iran come a Gaza, assistiamo a violazioni del diritto internazionale e umanitario”, conclude, lasciando un interrogativo aperto su cosa fare per sostenere realmente l’opposizione iraniana e i principi democratici nel Medio Oriente.