
Le bombe americane hanno rallentato il nucleare iraniano solo un po’, dice il Pentagono
ROMA – Secondo una recente valutazione della Defense Intelligence Agency (DIA) degli Stati Uniti, gli attacchi aerei contro le strutture nucleari iraniane ordinati dall’ex presidente Donald Trump non avrebbero avuto l’impatto devastante proclamato. Contrariamente alle dichiarazioni di "completa e totale distruzione" fatte in pubblico, gli effetti sul programma nucleare di Teheran si limiterebbero a un ritardo di pochi mesi.
Le fonti della CNN rivelano che le strutture colpite, tra cui i noti siti di Natanz e Fordow, non sarebbero state distrutte. È emerso che la maggior parte delle centrifughe potrebbe tornare attiva in un breve lasso di tempo. Inoltre, la DIA ha riscontrato che le scorte di uranio altamente arricchito, materiale potenzialmente utile per applicazioni militari, sarebbero state spostate prima dell’operazione, probabilmente verso luoghi non dichiarati.
Le affermazioni di Trump sono state così smentite, con il presidente che aveva, in un intervento televisivo, esortato l’Iran a “fare la pace” e ammesso la difficoltà nel mantenere il cessate il fuoco attualmente in vigore. Tuttavia, il panorama reale è decisamente diverso. Fordow, uno dei siti più rafforzati della Repubblica Islamica, è situato a grande profondità sotto le montagne Zagros, reso protetto da spesse stratificazioni rocciose. La DIA aveva già avvertito che le bombe anti-bunker GBU-57, utilizzate durante la missione, non avrebbero potuto penetrare a sufficienza per causare danni irreversibili.
Nella missione condotta dal Comando Centrale degli Stati Uniti, sono stati impiegati bombardieri B-2, che hanno sganciato dodici GBU-57 su Fordow e due su Natanz, mentre circa trenta missili Tomahawk lanciati da un sottomarino hanno colpito Isfahan. Il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha mantenuto una narrativa di "successo totale", ma il capo di stato maggiore congiunto, Dan Caine, ha assunto toni più cauti, dichiarando che "tutti e tre i siti hanno subito gravi danni, ma la valutazione finale non è ancora completa".
Il rapporto trapelato ha suscitato l’indignazione di Trump, il quale ha affermato in modo perentorio sui social: “I SITI NUCLEARI IN IRAN SONO COMPLETAMENTE DISTRUTTI!”. La Casa Bianca ha etichettato la fuga di notizie come un tentativo mirato di screditare il presidente e il lavoro degli operators coinvolti.
Nel frattempo, il vicepresidente J.D. Vance ha ammesso che gli Stati Uniti non sono a conoscenza della localizzazione dell’uranio altamente pericoloso, promettendo indagini nei prossimi giorni. Infine, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha espresso preoccupazioni riguardo alla legittimità della presenza in Iran di circa 400 kg di uranio arricchito al 60%, sottolineando la gravità della situazione attuale.