DNA misterioso riemerge a Garlasco | È l’indizio che potrebbe cambiare tutto?

Garlasco: il Dna ignoto di Chiara Poggi rimane un mistero

ROMA – Nuove analisi sui reperti legati al caso di Chiara Poggi, la giovane assassinata nel 2007, hanno confermato la presenza di un Dna maschile non identificato sul tampone oro-faringeo della vittima. Questa traccia, rimasta ignota per anni, continua a non appartenere a nessuno dei soggetti coinvolti finora nel procedimento giudiziario.

Le analisi, condotte dalla genetista della polizia scientifica Denise Albani nell’ambito di un incidente probatorio disposto dalla giudice Daniela Garlaschelli, hanno replicato risultati già ottenuti in passato. La conferma di questa traccia solleva interrogativi inquietanti, poiché non si esclude la possibilità che possa appartenere all’autore dell’omicidio.

Le indagini iniziali non puntavano a identificare un sospettato specifico, ma piuttosto a escludere contaminazioni da parte degli operatori che hanno effettuato l’autopsia. In uno dei cinque campioni analizzati, si è effettivamente riscontrata la presenza del Dna di un assistente del medico legale, evidenziando che le contaminazioni ambientali possono esserci. Tuttavia, la traccia ignota continua a rimanere un rebus, non riconducibile a nomi noti come Alberto Stasi, condannato per il delitto, o Andrea Sempio, indicato in passato come possibile sospettato.

Due teorie sul coinvolgimento del Dna sono attualmente al vaglio della Procura di Pavia, sotto la direzione del procuratore Fabio Napoleone e in collaborazione con i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano. Da un lato, si considera la possibilità di una contaminazione avvenuta da parte di una persona non ancora identificata presente nella sala autoptica. Dall’altro lato, la possibilità più inquietante è che quel Dna possa appartenere all’assassino di Chiara Poggi.

Per fare chiarezza su questo enigma, la genetista Albani ha richiesto ulteriori informazioni al medico legale Dario Ballardini, esecutore dell’autopsia nel 2007, riguardo alle modalità di prelievo del Dna e alle persone presenti in sala in quel momento. La speranza è di ottenere dettagli che possano aiutare a ricostruire le circostanze in cui è stata raccolta la traccia e a stabilire se questa possa essere compatibile con un contatto casuale o diretto con l’autore del crimine.

La continua presenza di questo Dna ignoto riaccende l’attenzione sul caso e invita a riflessioni più profonde sulle procedure investigative e le loro potenziali implicazioni. Garlasco, dopo anni di indagine, rimane dunque un capitolo ancora aperto nella storia della giustizia italiana.